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Whatsapp può far perdere il lavoro
Sfogarsi su Whatsapp può far bene al cuore ma rischia di essere anche estremamente pericoloso, soprattutto quando le confidenze riguardano questioni lavorative o si svolgono durante l’orario di lavoro. I giudici stanno infatti allargando le maglie dell’utilizzo in giudizio delle conversazioni fra privati. E ad entrare sempre più nei processi sono proprio gli scambi di messaggi su Whatsapp, tra gruppi o con singoli destinatari: tutti possono dar luogo a licenziamenti o sanzioni disciplinari. Ma i messaggi possono essere utilizzati anche dal lavoratore per dimostrare l’esistenza di un’attività di tipo subordinato o la comunicazione dell’assenza per malattia.
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WhatsApp, il gioco del "vicino di numero" rischia di diventare un incubo
Si chiama #numberneighbor ed arriva dagli Stati Uniti la nuova tendenza che si sta diffondendo anche in Italia come diversivo per socializzare sotto l'ombrellone con il proprio smartphone, ma che insieme al divertimento rischia di portare anche brutte sorprese per chi si presta a stare al gioco.
WhatsApp, l'allerta della Polizia: attenzione all'invio codici di attivazione. Così rubano i profili
Allerta da parte della Polizia su una truffa telefonica che sfrutta il nome della più famosa app di messaggistica, Whatsapp, per copiare i profili degli utenti su altri dispositivi. «Per attivare l’App di messaggistica Whatsapp sul proprio smartphone - si legge sul profilo Facebook del Commissariato di PS Online - è necessario inserire un codice che viene inviato tramite SMS sul dispositivo. Tramite questa procedura i cybercriminali riescono a far recapitare alla vittima un sms nel quale viene chiesto l’invio di tale codice facendo apparire come mittente il numero di telefono di un contatto presente in rubrica.
WhatsApp, la possibilità di bloccare un contatto non esclude il reato di molestia
La messaggistica vocale e scritta, compresa quella di WhatsApp, recapitata telematicamente rientra nella nozione di comunicazione telefonica riportata dall'articolo 660 del Codice Penale. Ai fini della sussistenza del reato di molestia l'asincronia della comunicazione messaggistica dell'agente rispetto al momento della ricezione da parte del contattato non rileva pur tenendo conto della sincronia che realizza una telefonata. E la possibilità data dai mezzi attuali di non ricevere più messaggi (e anche telefonate) da una data persona non esclude l'avvenuta molestia prima del blocco del contatto.
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Whatsapp, ora gli hacker scrivono i messaggi per noi. Obiettivo? Far svelare segreti agli amici
Sostituire la risposta vera con una inventata, citare un messaggio in un gruppo attribuendolo a una persona che non fa nemmeno parte del gruppo, inviare un messaggio a un membro di un gruppo, sotto forma di messaggio di gruppo, ma che di fatto viene inviato solo a un destinatario con l’obiettivo di generare una risposta a più persone non coinvolte. Si fanno sempre più raffinate le tecniche degli hacker ed è Whatsapp a finire nel mirino.
WhatsApp, scoperto virus che infetta con una sola chiamata. Già riparata la falla: "aggiornate subito l’app"
La falla nel codice di Whatsapp che ha esposto la app all'attacco di uno spyware rivelato oggi è già stata 'riparata', ed è sufficiente avere l'ultima versione sia dell'applicazione che del sistema operativo per essere immuni.
Lo afferma la stessa compagnia in un comunicato. "Whatsapp incoraggia le persone ad aggiornare la app all'ultima versione, e a tenere aggiornato anche il sistema operativo, per proteggersi da potenziali attacchi progettati per compromettere le informazioni nel dispositivo.
Zia condannata per aver pubblicato le foto dei nipoti su Facebook
A finire davanti a un giudice per aver pubblicato 52 fotografie e un video dei nipoti su Facebook questa volta è la zia di due gemelli di sei anni, condannata dal Tribunale di Rieti a risarcire 5mila euro di danni al padre che l’aveva citata in giudizio per aver condiviso le immagini dei figli senza il suo consenso (sentenza 443 pubblicata il 17 ottobre 2022).
Zuckerberg non ce la fa a controllare Facebook e chiede regole agli Stati per non avere più responsabilità
Per più di 10 anni tutti i Big Tech hanno avviato l’attività di lobbying sui Governi per evitare norme stringenti con la scusa di assicurare a Internet, e quindi agli stessi giganti del web, la massima libertà di espansione, di azione e di iniziativa economica. In questo modo gli Stati e le Autorità regolatorie hanno continuato ad applicare, principalmente, offline le norme che tutelano il mercato, la concorrenza e le comunicazioni.
Zuckerberg: "ci vorranno anni per risolvere i problemi di privacy su Facebook"
"Per essere chiari, risolvere i problemi" legati alla sicurezza, alle interferenze nelle elezioni ed alla privacy "non è una sfida che durerà un anno. In alcuni casi, come le interferenze nelle elezioni o gli incitamenti all’odio, questi problemi non potranno mai essere risolti pienamente". In un lungo post di fine anno, il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ripercorre l’anno appena concluso, universalmente riconosciuto come il più difficile per il colosso statunitense dopo l’esplosione dello scandalo Cambridge Analytica, promettendo un maggiore impegno per il futuro:
‘Il riconoscimento facciale viola la privacy degli utenti’: le autorità di Francia e Regno Unito contro Clearview
Le autorità europee per la protezione dei dati personali sono sempre più sul piede di guerra contro Clearview AI, la nota azienda statunitense che sviluppa un software di riconoscimento facciale usato dalle forze di polizia in diversi paesi, ma che potrebbe vedere successivamente una più ampia diffusione in altre parti del mondo.
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Il furto d'identità con l'intelligenza artificiale
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