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Non punibile la diffamazione online su WhatsApp se la chat ha pochi iscritti
Può scattare la particolare tenuità del fatto se la diffamazione nei confronti di alcuni graduati da parte di un militare è avvenuta su una chat WhatsApp con pochi iscritti. È quanto emerge dalla sentenza n. 31898/2023 della prima sezione penale della Cassazione che ha accolto sul punto il ricorso dell’imputato.
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Non serve l'unanimità dei condomini per l'installazione di un sistema di videosorveglianza
Il nuovo articolo 1122-ter Cc, ha introdotto, nel sistema della disciplina condominiale, la video sorveglianza. La nuova disposizione prescrive che le deliberazioni concernenti l'installazione su parti comuni di impianti volti a consentire la videosorveglianza di essi sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui all'articolo 1136, comma 1, Cc.
Non viola il segreto professionale il medico che comunica l'infertilità del marito alla ex che ne è già a conoscenza
Per la Corte di cassazione, non bisogna dimenticare che la violazione del segreto professionale si ha solo se la notizia è comunicata a chi non la conosce. Il reato di rivelazione del segreto professionale è previsto e punito dall'articolo 622 del codice penale, che prevede la pena della reclusione fino a un anno o della multa da 30 a 516 euro per tutti coloro che, avendo notizia di un segreto per ragione del proprio stato o ufficio o della propria professione o arte, lo rivelano senza giusta causa o lo impiegano a proprio o altrui profitto.
Offese su WhatsApp: occorre distinguere caso per caso tra ingiuria e diffamazione
La questione affrontata dalla recente sentenza della Corte di Cassazione 28675/2022 attiene al corretto inquadramento sotto il profilo dell'ingiuria piuttosto che della diffamazione degli scritti offensivi in una chat Whatsapp. Nella vicenda il fatto consisteva nell'invio, da parte della imputata, di plurimi messaggi scritti e audio in una chat di whatsapp a cui partecipavano un suo contatto ed altre giovani ragazze, dal contenuto pesantemente offensivo nei confronti del contatto stesso. Messaggi scatenati dal fatto che quest'ultimo le aveva restituito, perché non in grado di accudirlo, un cucciolo di cane che l'imputata gli aveva regalato.
Oscuramento dati personali in una sentenza ammissibile solo per validi motivi
La Cassazione spiega che per ottenere l'oscuramento dei dati da una sentenza occorrono buoni motivi come la delicatezza della materia o la presenza di dati sensibili. Alla suprema Corte, adita per risolvere una questione di natura tributaria, viene chiesto anche, in via preliminare, di ottenere l'oscuramento dei nomi dalla sentenza. Gli Ermellini nel caso di specie non accolgono l'istanza perché la questione non verte su questioni delicate e nel provvedimento non è necessario indicare dati sensibili. Queste le conclusioni contenute nell'ordinanza n. 22561/2021 della Cassazione.
Per la violazione della privacy non basta la diffusione di dati sensibili in un processo civile
Se non è provato il danno non basta la diffusione di dati sensibili a fini difensivi in un processo civile perché si configuri il reato di violazione della privacy previsto dall'articolo 167 del Dlgs 196/2003. Lo ha precisato la III sezione penale della Cassazione con la sentenza 20 maggio 2019 n. 23808.
Posta elettronica e dati nella memoria del computer acquisibili con le forme del sequestro probatorio
La posta elettronica e più in generale i dati conservati nella memoria di un computer sono qualificabili come documenti ai sensi dell'articolo 234 del Cppe, pertanto, possono essere acquisibili con le forme del sequestro probatorio, dovendosi escludere, invece, che tale attività acquisitiva soggiaccia alle regole stabilite per la corrispondenza ovvero, a maggior ragione, alla disciplina delle intercettazioni telefoniche. Lo ha detto la Cassazione con la Sentenza n. 28269 del 27 giugno 2019.
Privacy & condominio: il risarcimento del danno da trattamento illecito di dati personali del condòmino ammette la prova per presunzione
Tutela della riservatezza e adempimenti degli amministratori di condominio rappresentano un binomio ricco di insidie che possono sfociare in una violazione della riservatezza dei condòmini. Lo ha ribadito, ancora una volta, la Suprema Corte con la pronuncia dell’ordinanza n. 29323 del 7 ottobre 2022. Il ricorso, avente ad oggetto trattamento illecito di dati personali e conseguente richiesta di risarcimento del danno, è stato proposto avverso la pronuncia del Tribunale di Bari (n. 3453/2020 depositata il 11/11/2020).
Privacy, il verbale di accertamento non è direttamente impugnabile
In materia di protezione di dati personali, il verbale di accertamento che attesta l'infrazione non può essere impugnato direttamente dall'interessato. Si tratta, infatti, di un atto a carattere procedimentale non idoneo a produrre effetti sulla situazione soggettiva, che viene incisa solo per effetto dell'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione. Solo contro tale atto è possibile proporre opposizione. Ad affermarlo è la Cassazione con l'ordinanza n. 19947/2021.
Pubblica amministrazione, l'ente si può rivalere sul singolo dirigente, ma prima deve comunque pagare la sanzione privacy
La multa del Garante colpisce il comune e non il sindaco o il singolo dirigente. Si tratta infatti di una sanzione amministrativa atipica destinata alla persona giuridica. In buona sostanza la sanzione la pagherà l'ente ma poi lo stesso municipio dovrà avviare tutte le necessarie verifiche interne finalizzate a recuperare il danno. Lo ha evidenziato la Corte di cassazione, sez. II civ., con l'ordinanza n. 18292 del 3 settembre 2020.