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Appropriazione indebita per il dipendente che si impossessa dei file con i dati dell'azienda
Scatta l'appropriazione indebita per il dipendente che sottrae dal computer aziendale i files contenenti dati informatici, provvedendo alla successiva cancellazione e alla restituzione del Pc formattato.La Corte di cassazione, con la sentenza 11959, respinge il ricorso contro la condanna per il reato, previsto dall'articolo 646 del Codice penale, a carico dell'imputato. Il ricorrente, dipendente di una società, aveva dato le sue dimissioni ed era stato assunto da una compagine, costituita di recente, che operava nello stesso settore del precedente datore di lavoro.
Aveva messo in vendita online un catalogo di 1.218 ignare donne single tratto da Facebook, condannato dal Tribunale di Lecco
Trattamento illecito di dati personali e diffamazione aggravata per aver messo in vendita online un catalogo di (ignare) donne single di quel ramo del lago di Como. Il Tribunale di Lecco ha depositato le motivazioni della condanna - 1 anno e sei mesi, oltre ai risarcimenti civilistici in separata sede -al fantasioso “editore” che quattro anni fa aveva creato fama non cercata e problemi relazionali a 1218 donne di ogni età, finite loro malgrado in un catalogo tratto da Facebook «che costa meno di un aperitivo».
Body shaming: deridere chi non vede bene su Facebook è diffamazione
Body shaming sui social? È diffamazione. E a contare non sono solo le parole ma anche le emoticon che accompagnano il post condiviso su Facebook. È quanto emerge dalla sentenza con cui la quinta sezione penale della Cassazione (n. 2251/2023) ha confermato la condanna per il reato di cui all'articolo 595, terzo comma, c.p., nei confronti di un uomo che aveva pubblicato un post derisorio su Facebook.
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Carcere per chi commette stalking attraverso post pubblici su Facebook
Non resta impunito chi molesta e offende su Facebook. Per tali condotte, infatti, il rischio è la condanna per il reato di stalking. Lo ha chiarito la quinta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 45141/2019, confermando la condanna a dieci mesi di reclusione per il reato di atti persecutori nei confronti di un uomo che reiteratamente aveva offeso, molestato e minacciato una donna, i suoi familiari e persone a lei vicine, attraverso post pubblici su Facebook.
Cassazione: agenzie investigative non utilizzabili per meri inadempimenti lavorativi
Con l’ordinanza 25287/2022, la Corte di Cassazione torna sulla questione dei limiti all’utilizzo di agenzie investigative per l’accertamento di fatti disciplinarmente rilevanti nel rapporto di lavoro.
Cassazione: non basta l’archiviazione, l’indagato resta in banca dati per venti anni
I dati e le informazioni della persona sottoposta a indagini penali, restano nella banca dati della polizia, anche in caso di accertamento dell’estraneità ai fatti, per venti anni dalla data di archiviazione. E trascorsa la metà del tempo, dunque dieci anni, la sola tutela sta nella certezza che saranno visibili ai soli operatori interessati. La Corte di cassazione (sentenza 21362) analizza per la prima volta il Dpr 15/2018 con il quale sono stati attuati i principi del codice della privacy relativi al trattamento effettuato per ragioni di polizia.
Chi diffonde una telefonata senza un interesse legittimo può violare la riservatezza
Bastano uno smartphone o una chiavetta usb per registrare conversazioni dal vivo o telefoniche e raccogliere informazioni, per poi utilizzarle e renderle pubbliche per le ragioni più diverse. Lo ha fatto di recente Fedez, nella diatriba con la Rai. Ma si tratta di una pratica che, per quanto diffusa, non sempre è lecita.
Chi posta commenti offensivi sui social rischia la diffamazione aggravata
Attenzione a lasciarsi coinvolgere in battibecchi sui social perché lanciare in rete post offensivi può costare una condanna per diffamazione aggravata dall’uso del mezzo di pubblicità. Il reato è quello previsto dall'articolo 595, comma 3, del Codice penale che punisce (con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa minima di 516 euro) chi offenda l'altrui reputazione comunicando con un mezzo di pubblicità. Per i giudici, infatti, anche un messaggio postato a un gruppo limitato di amici ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone.
Compie il reato di accesso abusivo a sistema informatico il poliziotto che interroga la banca dati del Ministero dell'Interno per fare un favore ad un amico
L'accesso alla banca dati denominata Sdi (Sistema D'Indagine del Ced del ministero dell'Interno) effettuato da appartenenti alle forze di Polizia per motivi non legati all'attività di repressione del crimine o di tutela dell'ordine pubblico determina il reato di accesso abusivo a sistema informatico nella forma aggravata perché commesso da pubblici ufficiali.
Computer e smartphone, sequestri brevi e solo dati strettamente pertinenti al procedimento per non violare la privacy dell'indagato
La polizia giudiziaria deve essere tempestiva e precisa nell'esportare i dati necessari alle indagini in caso di sequestro di dispositivi tecnologici. Restituendo prima possibile al legittimo proprietario il sistema e trattenendo nel fascicolo penale solo i dati strettamente pertinenti al procedimento per non violare la privacy dell'indagato. Lo ha evidenziato la procura della repubblica presso il tribunale per i minorenni di Trento con la circolare del 29 novembre 2021.
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