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Il 'like' sul post razzista è un grave indizio del reato di istigazione all’odio
Il like sui post antisemiti pubblicati nei social network è un grave indizio del reato di istigazione all’odio razziale. Il gradimento, infatti, non solo dimostra, incrociato con altre evidenze, l’adesione al gruppo virtuale nazifascista, ma contribuisce alla maggiore diffusione di un messaggio, già di per sé idoneo a raggiungere un numero indeterminato di persone. La Cassazione, con la sentenza n. 4534, respinge il ricorso contro una misura cautelare disposta dal Gip, per il reato di istigazione all’odio razziale.
Il cliente che registra di nascosto l'avvocato che parla male del collega non viola il Codice Privacy, e il file audio è utilizzabile in giudizio
Avvocato che parla male del collega incastrato dalla registrazione effettuata di nascosto dal cliente nello studio legale. Il file audio è utilizzabile nel processo civile in quanto riproduzione meccanica ex art. 2712 del Codice Civile né l'uso è precluso dal Codice Privacy: anche nel penale, infatti, la registrazione eseguita all'insaputa dell'interlocutore da una persona che è presente alla conversazione costituisce una prova documentale non costituisce un'intercettazione e dunque resta fuori dal campo delle garanzie ad hoc. Lo stabiliscono le s.u. civili della Cassazione con la Sentenza 20384/21.
Il diritto a capire come funziona l'algoritmo prima di dire di sì
Quando si chiede a una persona il consenso a trattare i suoi dati personali perché siano dati in pasto a un algoritmo chiamato ad assumere una qualche decisione il consenso non è valido se la persona non è adeguatamente informata delle logiche alla base dell’algoritmo. È la sintesi di una bella Sentenza depositata nei giorni scorsi dai Giudici della Corte di Cassazione.
Il fisco può imputare a ricavi in nero l'assegno circolare versato sul conto dell’imprenditore anche se la banca rifiuta di rivelare chi lo ha emesso per motivi di privacy
L'assegno circolare versato sul conto dell'imprenditore o del professionista può sempre essere imputato dal fisco a ricavi in nero. Ciò anche se la banca rifiuta di rivelare chi emette il titolo per motivi di privacy. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con l'ordinanza n. 24238 dell'8 settembre 2021, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate.
Il reato di appropriazione indebita si configura anche per la sottrazione di file di dati
Costituisce appropriazione indebita la sottrazione definitiva di file o dati informatici attuata mediante duplicazione e successiva cancellazione da un personal computer aziendale, affidato al colpevole per motivi di lavoro e restituito formattato. I dati informatici, per struttura fisica, misurabilità delle dimensioni e trasferibilità, devono essere considerati come cose mobili ai sensi della legge penale. Lo chiarisce la Cassazione con la Sentenza 11959/2020 della Seconda sezione penale con la quale la Corte modifica un orientamento contrario a ritenere applicabile l’appropriazione indebita, reato punito con pena fino a 3 anni, alla condotta di sottrazione di file.
Il responsabile paga l’insubordinazione con la titolarità del trattamento dei dati personali
Da un’indagine della Guardia di finanza emergeva che undici schede telefoniche fossero state intestate a cinque ignari cittadini in spregio della normativa che ne richiede l'obbligo di identificazione dell'assegnatario dell'utenza e l'obbligo di rendere agli interessati le informazioni relativamente al trattamento dei dati personali.
Intercettazioni inutilizzabili se mancano i verbali
Se mancano i verbali delle conversazioni, le intercettazioni non sono utilizzabili. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 8045 depositata il 1 marzo, accogliendo il ricorso di un imputato in processo per droga. Secondo il ricorrente infatti posto che era risultato illeggibile il supporto che avrebbe dovuto contenere la riproduzione delle conversazioni intercettate, il difensore aveva eccepito l'inutilizzabilità delle richieste di autorizzazione delle operazioni di intercettazioni telefoniche, acquisite dal Tribunale, "in quanto mancano le registrazioni e i verbali delle operazioni compiute e i cd brogliacci".
Intercettazioni, legittime le videoregistrazioni in luoghi non riconducibili al concetto di domicilio
Sono legittime le videoregistrazioni aventi a oggetto comportamenti comunicativi e non comunicativi disposte dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari in luoghi non riconducibili al concetto di domicilio. Nel caso di specie per cui si è espressa la Cassazione con la sentenza 5253/2020 le telecamere erano state allocate all'interno delle scale di un edificio e al di fuori del pianerottolo di un appartamento.
L'attivazione di servizi telefonici a pagamento non richiesti viola la privacy
Giro di vite contro l'attivazione sui cellulari di servizi a pagamento non richiesti: le Telco non possono difendersi semplicemente invocando un "fraintendimento" tra l'operatore e il cliente. La Corte di cassazione, sentenza n. 27554/2021 ha infatti confermato la decisione del Garante privacy relativa al trattamento illecito operato da Tim per aver attivato in via unilaterale l'opzione "Internet Play" sul telefono di un cliente.
La Cassazione respinge il ricorso di Telecom contro il Garante Privacy e conferma il divieto di recupero del consenso dei dati personali
Confermato dalla Cassazione il divieto del Garante della Privacy nei confronti di Telecom di portare avanti la campagna "recupero consenso" per acquisire il via libera all'utilizzo dei dati dei clienti che, in precedenza, hanno escluso di voler essere contattati telefonicamente "per finalità promozionali". Ad avviso dei supremi giudici, - che hanno disatteso la tesi che tale campagna non sarebbe "riconducibile alla nozione di comunicazione commerciale" - "una comunicazione telefonica finalizzata ad ottenere il consenso per fini di marketing, da chi l'abbia precedentemente negato, è essa stessa una 'comunicazione commerciale'"
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