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Nicola Bernardi

Presidente di Federprivacy. Consulente del Lavoro. Consulente in materia di protezione dati personali e Privacy Officer certificato TÜV Italia, Of Counsel Ict Legal Consulting, Lead Auditor ISO/IEC 27001:2013 per i Sistemi di Gestione per la Sicurezza delle Informazioni. Twitter: @Nicola_Bernardi

Da un software antivirus, e ancor più da una di quelle soluzioni "tutto incluso" che hanno lo scopo di proteggere sia il pc che la navigazione in internet, per gli utenti sarebbe lecito aspettarsi un alleato e giammai un nemico in casa.  E' stata per questo amara la scoperta del giornalista tedesco Ronald Eikenberg, il quale ha dimostrato che fino a poco tempo fa l'antivirus di Kaspersky macchinava attivamente per rendere tracciabili i suoi utenti ogni volta che navigano nel web.

Secondo un rapporto di GetApp, nelle piccole e medie imprese il 48% dei dipendenti ha un livello di accesso ai dati aziendali eccessivo rispetto a quello effettivamente necessario per svolgere le proprie mansioni. Ancora più allarmante, è che il 12% delle imprese prese in esame riferisce che i propri dipendenti hanno accesso a tutti quanti i dati dell’azienda senza alcuna restrizione, e questo espone a rischi che potrebbero essere disastrosi.

Quando nell’aprile del 2016 l’Unione Europea adottò il Gdpr, sembrava si fosse scatenata una nuova corsa all’oro che suscitò l’euforia di migliaia di professionisti e imprese che si buttarono a capofitto nel mondo della privacy con l’obiettivo di sfruttarne quelle che parevano irrinunciabili opportunità che si prospettavano all’orizzonte.

Si chiama #numberneighbor ed arriva dagli Stati Uniti la nuova tendenza che si sta diffondendo anche in Italia come diversivo per socializzare sotto l'ombrellone con il proprio smartphone, ma che insieme al divertimento rischia di portare anche brutte sorprese per chi si presta a stare al gioco.

Se siete il tipo di persona che “non stacca mai la spina”, e vi piace essere efficienti anche quando siete assenti dall’ufficio, quella di consultare la vostra email di lavoro sul vostro telefonino personale potrebbe sembrare una buona idea, ma si tratta di una soluzione non esente da effetti collaterali.

Quando aggiorniamo il nostro stato su WhatsApp o mettiamo un “like” su Facebook raccontiamo al web qual è il nostro stato d’animo e quali sono le nostre preferenze, fornendo informazioni personali che potranno essere analizzate da sofisticati algoritmi ed utilizzate per proporci pubblicità mirata sulla base dei nostri comportamenti online. Ma una recente ricerca si spinge molto più avanti, dimostrando che dalle abitudini di spesa dell'utente è possibile individuare tratti psicologici della sua personalità.

Anche se gli utenti di Internet si sono da tempo abituati a visualizzare sul display annunci pubblicitari mirati in base ai loro gusti e ai loro comportamenti online, ora i siti web potrebbero dover rivalutare le loro strategie di business digitale.

Tra fastidiosi banner che ci chiedono un consenso che di fatto non può essere negato se vogliamo proseguire la navigazione su un sito e la continua visualizzazione di annunci pubblicitari mirati in base ai nostri gusti e alle nostre abitudini di consumo mentre navighiamo in internet, quella sensazione di essere spiati e vessati in ogni nostro click adesso potrebbe finire per davvero.

Negli ultimi tempi la vostra azienda sta riscontrando un calo di ordinativi o una significativa perdita di clienti apparentemente senza un motivo plausibile? il problema potrebbe non venire da fattori esterni come la crisi economica o un mercato sempre più competitivo, ma da una fuga di notizie originata dall’interno.

Mentre il Gdpr sta per compiere un anno, una nuova ricerca della International Association of Privacy Professionals (Iapp) indica che in tutta Europa sono circa 500.000 le organizzazioni che hanno dichiarato di aver nominato un Data Protection Officer.

Privacy Day Forum, dibattito e spunti: lo speciale di TV9

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