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I medici di famiglia devono ‘curare’ non solo la salute dei pazienti, ma anche la loro privacy
Alla maggioranza di noi sarà capitato di chiamare il medico di famiglia sentendosi dire, magari dalla segretaria, di inviare una foto del nostro referto tramite WhatsApp oppure di mandarlo tramite email ad un comune indirizzo di posta elettronica privato, come ad esempio quelli forniti gratuitamente con il servizio Gmail di Google. Questa è ormai l’esperienza comune, soprattutto dopo la pandemia da Covid-19. Per non parlare, poi, dei gestionali attraverso i quali i medici di famiglia organizzano il proprio studio medico, gestionali nei quali vengono caricati una valanga di dati particolari dei singoli pazienti.
I messaggi di WhatsApp non valgono come prova nel processo tributario: i dati rimangono solo nel dispositivo senza lasciare traccia
Inutilizzabili i messaggi WhatsApp nel processo tributario in quanto a differenza degli sms i dati rimangono archiviati solo nel dispositivo senza lasciare traccia. Questo quanto si ricava dalla recente sentenza della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia n. 105.01.2021.
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I messaggi WhatsApp mantengono le stesse garanzie costituzionali della corrispondenza tradizionale
La Corte di Cassazione (sentenza n. 25549/2024) ha enunciato il principio di diritto secondo cui in tema di mezzi di prova, i messaggi WhatsApp e gli SMS conservati nella memoria di un telefono cellulare conservano la natura di “corrispondenza” anche dopo la ricezione da parte del destinatario.
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I messaggi WhatsApp sono considerati validi come prova in un processo
I messaggi WhatsApp sono prove valide in processo. Una volta depositati serve però una perizia tecnica sul dispositivo, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale in materia. È quanto emerge da un'ordinanza emessa dal Tribunale di Urbino nell’ambito di una causa nel corso della quale il giudice aveva incaricato un ingegnere di svolgere la CTU sul telefonino, ordinandogli di acquisirlo.
Il Codacons denuncia WhatsApp al Garante per la Privacy e minaccia la class action
Il Codacons ha denunciato WhastApp al Garante per la Privacy, chiedendo all’autorità di inibire comportamenti lesivi dei diritti degli utenti e di ordinare all’azienda di conformarsi alle disposizioni europee in tema di privacy. Al centro dell’esposto dell’associazione, l’impossibilità di disattivare la funzione di backup delle chat dall’applicazione WhatsApp negli smartphone con sistema operativo Android.
Il genitore deve controllare il figlio che usa Whatsapp
I genitori sono chiamati a educare i loro figli a un corretto utilizzo dei mezzi tecnologici e a porre in essere una vigilanza attiva per evitare che usandoli danneggino se stessi o altri. Lo ha stabilito il Tribunale di Caltanissetta, nella sua sentenza dell’8 ottobre 2019.
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Il reato di molestie si può configurare attraverso sms e WhatsApp, ma non tramite email
La mail non è molesta al pari degli sms o dei messaggi whatsapp. Questo in sintesi l’orientamento ribadito dalla Corte di cassazione penale con la sentenza n. 8231/2025, con cui ha rigettato il ricorso di un padre condannato a 200 euro di ammenda, ma che la decisione di legittimità ha ridotto di un terzo proprio affermando che “il fatto non sussiste” in ordine alla mail inviate dal ricorrente.
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Il sexting coinvolge sempre più spesso anche i minori
E' un fenomeno preoccupante quello del "sexting", che consiste nell'invio di testi o immagini sessualmente esplicite tramite Internet o telefono cellulare. Specialmente quando riguarda i minori, chi lo pratica spesso incorre in gravi illeciti, anche di natura penale. Ad esempio, tempo fa un genitore che usava le foto del figlio adolescente per fare 'sexting' su Instagram era stato condannato per sostituzione di persona, mentre in un altro caso per un ragazzo che chiedeva selfie hot alla fidanzatina era scattato il reato di pedopornografia. In una più recente vicenda, un uomo inviava foto e messaggi assolutamente espliciti e scabrosi addirittura ad una bambina di dieci anni, e per questo è stato condannato per adescamento di minorenni (reato previsto dall'art. 609-undecies del Codice Penale).
Impiegato di banca usava WhatsApp per farsi inviare documenti dai clienti, violato il Gdpr
Lavorava in modo fin troppo "smart' un impiegato della Banca Comercială Română (BCR) che per cercare di facilitate i clienti nella gestione delle pratiche usava il proprio telefonino personale per farsi inviare tramite WhatsApp le copie di documenti e carte d’identità, anche di minorenni e dei loro rappresentanti legali, contravvenendo però così alle procedure di lavoro interne, motivo per cui l’istituto è stato adesso sanzionato per violazione della normativa sulla privacy.
Inoltrare gli screenshot delle chat WhatsApp è una pessima abitudine e può violare la privacy
Come anche gli utenti meno esperti sanno, scattare un’istantanea di ciò che appare sul display del proprio cellulare è un gioco da ragazzi, e anche inoltrare tali schermate ad altri è talmente facile che la mania di condividere con altri gli screenshot delle chat di WhatsApp o altre app di messaggistica ha contagiato praticamente tutti.
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Il presidente di Federprivacy al TG1 Rai
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