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Lunedì, 09 Dicembre 2019 12:11

Come è difficile definire il diritto alla privacy

Tik Tok è una app cinese. Pare che la vedano circa un miliardo di persone. I video propinati dall’app in questione durano 15 secondi. Il loro contenuto, dal punto di vista intellettuale, è di media deprimente. Ma, come è naturale, ci sono eccezioni. Di recente, i giornali hanno dato giusto risalto a quel video di Tik Tok in cui una ragazza parla dei lager in cui sono tenuti gli Uiguri (una minoranza musulmana) in Cina, mentre placidamente si rifà il trucco. Un caso classico di eterogenesi: uno strumento tipicamente privato come il make up viene adoperato per un fine decisamente pubblico come lo è una denuncia politica.

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Le risposte date lo scorso 21 aprile dal ministro Paola Pisano sulla app ‘Immuni’ “non sono completamente allineate con altre dichiarazioni espresse nella stessa giornata, in particolare da parte del Commissario Straordinario Domenico Arcuri”. E’ quanto scrive ANORC (Associazione Nazionale degli Operatori e Responsabili della Custodia dei contenuti digitali) in una lettera inviata oggi proprio al ministro per l’Innovazione a cui si chiede di fare chiarezza su alcuni punti per “garantire un pieno processo di trasparenza che dovrebbe essere alla base di quel patto collettivo che si richiede in questi giorni al popolo italiano, in modo che si possa sperare di raggiungere in futuro la soglia del 60-70% di diffusione necessaria per garantire l’efficacia dell’app Immuni”.

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In un mondo sempre più interconnesso, le interazioni digitali comportano anche nuovi rischi, soprattutto per i bambini e gli adolescenti che utilizzano sempre di più lo smartphone, i social network e i servizi di messagistica istantanea. Tra i pericoli cui vanno incontro i più giovani, c'è sicuramente quello del cyberbullismo, un fenomeno che purtroppo sta crescendo anche in Italia. Un aiuto viene dalla tecnologia grazie alla nascita di app e piattaforme che consentono alle famiglie di proteggere i figli su questo fronte, cercando di rispettarne il più possibile la privacy.

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Un'enorme vulnerabilità nell'app per incontri "3fun" ha permesso a chiunque di ottenere dati personali,comprese le informazioni delle chat, le foto private, ed anche i dati relativi alla posizione gps in tempo reale degli 1,5 milioni di utenti iscritti al servizio.

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Durante la pandemia il dating online si è affermato come nuovo fenomeno culturale, e milioni di utenti si sono abituati a cercare l’anima gemella o scappatelle sessuali attraverso una app. Ci sono tuttavia molti che hanno già preso le prime scottature, non tanto a livello sentimentale quanto vedendo calpestata la propria privacy proprio quando erano intenti a scambiarsi informazioni e immagini che dovrebbero rimanere strettamente confidenziali.

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Il Garante per la protezione dei dati personali ha aperto un’istruttoria nei confronti della società che fornisce la app Fakeyou che, da notizie di stampa, consentirebbe di riprodurre file di testo mediante voci false, ma realistiche, di personaggi noti, anche italiani.

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A fine gennaio era stato il Garante italiano, Antonello Soro, a sollevare con una lettera indirizzata ai tavoli dell’Ue i problemi di privacy di Tik Tok, il social network utilizzato da milioni di giovani, molti dei quali minori, che consente di creare e condividere audio, video e immagini, e tenendo conto del periodo di emergenza da Covid-19, la risposta del Comitato europeo per la protezione dei dati personali (Edpb) non ha tardato troppo ad arrivare.

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L’App Crédit Agricole Italia è la prima applicazione del mondo bancario italiano ad ottenere il marchio di certificazione “Privacy Ok”. Federprivacy ha infatti approvato l’App di homebanking del Gruppo confermandone la conformità al Codice di Condotta "Privacy e protezione dei dati personali nell'ambito di Internet e del commercio elettronico".

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Il Garante privacy ha comminato due sanzioni per complessivi 300mila euro a una nota società che produce dispositivi medici per il monitoraggio, la prevenzione e il trattamento di diverse patologie.

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Un'altra app inguaia Facebook: stando a quanto riporta New Scientist, per ben quattro anni avrebbe lasciato esposti i dati di oltre tre milioni di utenti. Come l'app scandalo di Cambridge Analytica, si tratta sempre di un quiz della personalità sviluppato da alcuni docenti della Cambridge University, David Stillwell e Michal Kosinski. Si chiama MyPersonality e ha raccolto informazioni sensibili dei fruitori del social che l'hanno utilizzata - come età, sesso, localizzazione e post in bacheca - per poi metterle a disposizione di terzi su un sito non sicuro.

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