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E' sicuro che la decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella causa C-311/18 del 16 luglio 2020 - la c.d. sentenza “Schrems II” - dovrà essere ricordata e metabolizzata per qualcosa di più che per il colpo di ghigliottina inferto al “Privacy Shield”.  C'è, in buona sintesi, un argomento/punto – certo non nuovo! - su cui deve/dovrà concentrarsi l'attenzione degli interpreti e degli operatori. Con la domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha interrogato la CGUE sulla applicabilità del Regolamento UE 2016/679 (d'ora in poi anche solo 'Regolamento') a trasferimenti di dati personali fondati su clausole tipo di protezione contenute nella decisione 2010/87, sul livello di protezione richiesto nel quadro di un trasferimento siffatto e sugli obblighi correlativamente incombenti sulle autorità di controllo.

Il like sui post antisemiti pubblicati nei social network è un grave indizio del reato di istigazione all’odio razziale. Il gradimento, infatti, non solo dimostra, incrociato con altre evidenze, l’adesione al gruppo virtuale nazifascista, ma contribuisce alla maggiore diffusione di un messaggio, già di per sé idoneo a raggiungere un numero indeterminato di persone. La Cassazione, con la sentenza n. 4534, respinge il ricorso contro una misura cautelare disposta dal Gip, per il reato di istigazione all’odio razziale.

Una recente pronuncia del TAR della Puglia (TAR Puglia, sez. II, 2 novembre 2021, n. 1579) ha affrontato il caso di un automobilista coinvolto in un sinistro stradale che ha richiesto i filmati delle telecamere comunali ai sensi della Legge 241/90. Come noto si tratta della normativa sull’accesso ai documenti amministrativi che consente di richiedere documenti, dati e informazioni detenuti da una Pubblica Amministrazione riguardanti attività di pubblico interesse, purché il soggetto richiedente abbia un interesse diretto, concreto e attuale rispetto al documento stesso.

Avvocato che parla male del collega incastrato dalla registrazione effettuata di nascosto dal cliente nello studio legale. Il file audio è utilizzabile nel processo civile in quanto riproduzione meccanica ex art. 2712 del Codice Civile né l'uso è precluso dal Codice Privacy: anche nel penale, infatti, la registrazione eseguita all'insaputa dell'interlocutore da una persona che è presente alla conversazione costituisce una prova documentale non costituisce un'intercettazione e dunque resta fuori dal campo delle garanzie ad hoc. Lo stabiliscono le s.u. civili della Cassazione con la Sentenza 20384/21.

La banca ha pochi segreti per il suo cliente. L'utente ha sempre diritto di conoscere la data e le ragioni per cui i suoi dati personali sono stati consultati dal personale dell'istituto di credito. Ciò in applicazione del diritto all'accesso previsto dall'art. 15 del Gdpr (regolamento Ue sulla privacy 2016/679). Peraltro questo diritto non permette di sapere i nomi delle singole persone che hanno consultato i dati, a meno che ciò non sia indispensabile per l'esercizio dei propri diritti. Così la Corte di Giustizia Ue, sentenza 22/6/2023 resa nella causa C-579/21.

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I libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento, o che siano richiesti dalla natura o dalle dimensioni dell’impresa, possono essere formati e tenuti con strumenti informatici (articolo 2215-bis del codice civile), ma l’eventuale crash del sistema può costare caro all’imprenditore: lo ha ribadito la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 45044, depositata il 25 novembre 2022, dichiarando inammissibile - in questa parte - il ricorso relativo ad una condanna per bancarotta semplice documentale.

La Suprema Corte di Cassazione interviene, con una ordinanza della fine di agosto del 2020, sul risarcimento per violazione del trattamento dei dati personali, ribadendo il principio in base al quale il danno da privacy non si sottrae alla verifica della “gravità della lesione” e della “serietà del danno”.

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Il dipendente pubblico raggiunto da un richiamo scritto dalla Pubblica Amministrazione datrice ha diritto a ottenere l'ostensione del file digitale da cui è stata stampata la foto, che ha dato il via al procedimento disciplinare nei suoi confronti.

Quando si chiede a una persona il consenso a trattare i suoi dati personali perché siano dati in pasto a un algoritmo chiamato ad assumere una qualche decisione il consenso non è valido se la persona non è adeguatamente informata delle logiche alla base dell’algoritmo. È la sintesi di una bella Sentenza depositata nei giorni scorsi dai Giudici della Corte di Cassazione.

La registrazione delle lezioni del docente è un trattamento di dati personali, indipendentemente dalla successiva comunicazione o diffusione degli stessi. In questo caso è legittimo l'ordine di servizio del dirigente scolastico che ha imposto il divieto al docente di registrare le proprie lezioni, potendo le conversazioni degli studenti violare la loro privacy. Sono queste le conclusioni della Cassazione (Ordinanza n.14270/2022) che ha respinto il ricorso del docente.

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