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Il profilo social del sindaco non è di per sé di interesse pubblico. Il personaggio politico non può ritenere automaticamente legittimata dai compiti istituzionali la pubblicazione in rete di testi, immagini e video. È il principio desumibile dal provvedimento del Garante n. 197 del 13 maggio 2021, che ha irrogato una sanzione di 50 mila euro a un primo cittadino, per avere diffuso sulle proprie pagine social immagini e video in chiaro di minorenni disabili, persone disagiate, presunti autori di trasgressioni esponendoli ai commenti offensivi degli utenti del social network.

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Facebook è sotto inchiesta e rischia ingenti sanzioni e traumatiche strette di regolamentazione transatlantiche. La Federal Trade Commission ha avviato indagini preliminari per determinare se abbia violato un precedente accordo con l’authority americana sulla protezione della privacy. Con una lettera, la Ftc chiede chiarimenti sullo scandalo della Cambridge Analytica, la società di consulenza politica che ha lavorato per Donald Trump ottenendo e utilizzando irregolarmente dati di 50 milioni di utenti del gruppo.

Il Garante della privacy ha ricevuto questa mattina una delegazione di Facebook per approfondire l’istruttoria sul caso Cambridge Analytica. L’Autorità ha chiesto alla società americana ulteriore documentazione in merito alla possibile violazione dei dati personali di decine di migliaia di utenti italiani già individuati e di altri ancora da identificare.

I politici devono vigilare sulle proprie pagine Facebook e sono responsabili se permettono la diffusione di commenti di terzi che incitano all'odio o alla violenza. È vero che, in particolare durante una campagna elettorale, va garantita la più ampia libertà di espressione, ma in questa libertà non rientrano i messaggi discriminatori nei confronti di un gruppo, che hanno l'obiettivo di incitare all'odio. È la Corte europea dei diritti dell'uomo a stabilirlo con la sentenza Sanchez contro Francia depositata il 2 settembre che fornisce ai giudici nazionali e agli Stati i criteri per sanzionare chi permette la diffusione di messaggi di odio, anche senza esserne l'autore.

Stop alle censure immotivate da parte di Facebook. Il social network non potrà più disattivare profili sulla base di violazioni solo presunte ed evidenziate senza contraddittorio. Prevista una penale in capo all'azienda americana per ogni giorno di ritardo nella riattivazione dell'account immotivatamente disattivato. È quanto stabilito dal tribunale di Pordenone nella causa civile n. 2139/2018 pubblicata lo scorso 10 dicembre.

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Scatta l'accusa di stalking aggravato per chi, presa “di mira” una donna, crei un falso profilo facebook a suo nome, finga di esserle legato e la inondi di messaggi indesiderati causandole uno stato di ansia e timore tale da indurla a cambiare abitudini. Del resto, quando si molesta qualcuno usando i social, il danno alla vittima si amplifica. La stretta sul dilagante fenomeno dello stalking via web arriva, questa volta, dal Gip del Tribunale di Torino che, con sentenza 878 dello scorso 13 giugno, si assesta su un filone ben consolidato.

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L'Autorità per la protezione della privacy in Turchia (Kvkk) ha annunciato oggi di aver multato Facebook nel mese di aprile per 1,65 milioni di lire turche (circa 235 mila euro) per una mancata protezione dei dati personali degli utenti.

Facebook ha ricevuto una multa di 500.000 sterline (quasi 600.000 euro) dall'autorità britannica garante della protezione dei dati. Multa comminata per il suo ruolo nello scandalo dei dati di Cambridge Analytica, lo scrive il sito della BBC. L'ufficio del Commissario per le informazioni (ICO) ha affermato che Facebook ha lasciato che si verificasse una "grave violazione" della legge. La multa è il massimo consentito dalle vecchie regole sulla protezione dei dati applicate prima che GDPR entrasse in vigore a maggio.

Google e Facebook doppiamente sotto scrutinio negli Stati Uniti per le questioni che riguardano antitrust e privacy. Oltre alle indagini da parte degli organi federali, si stanno aggiungendo infatti anche quelle dei procuratori generali di una trentina di stati che vogliono vederci chiaro sulle pratiche dei due giganti del web. La notizia è già circolata nelle scorse settimane, ma secondo il Wall Street Journal a breve ci sarà l'annuncio ufficiale di una delle due indagini, quella su Alphabet, la società che controlla Google.

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Il recente manifesto sulla privacy di Facebook e' solo marketing e non risolverà i problemi della piattaforma. A sostenerlo è uno degli investitori della prima ora di Mark Zuckerberg, Roger McNamee, già voce critica del social network. "Sono un grande sostenitore della crittografia end-to-end, ma penso che tutti noi dobbiamo capire che la crittografia dei messaggi e la crittografia dei post riguardano circa l'1%", ha detto McNamee al festival SXSW in corso ad Austin, nel Texas, riferendosi alla volontà di Facebook di focalizzarsi di più sulla privacy ricorrendo anche alla crittografia, un sistema per secretare le conversazioni.

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Privacy Day Forum, dibattito e spunti: lo speciale di TV9

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