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Un tormento durato mesi, quello subito da una donna perseguitata da un collega di lavoro, che non accettando il rifiuto delle sue avances aveva continuato a covare risentimento ponendo in essere una vera e propria attività di spionaggio e persecuzione, con molestie, minacce e ingiurie tramite telefono, sms, e social network, arrivando perfino a violare il suo profilo Facebook. Con la sentenza della Quinta Sezione Penale della Cassazione 47049/2019, per l'uomo è stata confermata la condanna per il reato di stalking ai sensi dell'art. 612 bis del Codice Penale con una pena di due anni e sei mesi di reclusione.

La Corte di giustizia dell'Unione europea ha respinto come inammissibile un'azione intentata da WhatsApp contro la decisione vincolante dello European Data Protection Board assunta ai sensi dell’art. 65 del Regolamento UE 2016/679 che lo scorso anno aveva portato alla sanzione da 225 milioni di euro per la nota piattaforma di microchat.

Sono ben 8 i punti, tutti di interpretazione del Regolamento europeo di protezione dei dati personali, nei quali sono cristalizzate le conclusioni della Corte di giustizia europea (sentenza nella causa C-252/21) sulla legittimità della condotta di Meta. I fatti, innanzitutto: Meta Platforms Ireland gestisce l’offerta Facebook nell’Unione. Iscrivendosi al social network gli utenti accettano le condizioni generali stabilite e, di conseguenza, le regole sull’uso dei dati e dei marcatori (cookies). Meta raccoglie così dati riferiti alle attività degli utenti all’interno e all’esterno del social network e li mette in relazione con gli account Facebook degli utenti interessati.

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Ai fini del riconoscimento dell'esimente prevista dalla disciplina penalistica in riferimento al legittimo esercizio del diritto di critica di comportamenti (asseriti come) professionalmente e umanamente "sleali" di un atleta professionista, qualora le frasi diffamatorie siano diffuse a mezzo social network, il giudice, nell'apprezzare il requisito della continenza, deve tener conto non solo del tenore del linguaggio utilizzato ma anche della "eccentricità" delle modalità di esercizio della critica, restando fermo il limite del rispetto dei valori fondamentali, che devono ritenersi sempre superati quando la persona offesa, oltre che al "ludibrio" della sua immagine, sia esposta al "pubblico disprezzo".

Il diritto alla libera manifestazione del pensiero politico incontra il limite del rispetto degli altrui diritti fondamentali, primo tra tutti il rispetto della dignità umana ed il divieto di tutte le discriminazioni, a garanzia dei diritti inviolabili spettanti ad ogni persona umana. In altre parole la libertà di manifestazione del pensiero non include discorsi ostili e discriminatori che invece sono vietati a vari livelli dall'ordinamento interno e sovranazionale.

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La qualifica di sindacalista non salva il dipendente dal licenziamento per le espressioni lesive della reputazione dell’azienda pubblicate sul suo profilo Facebook aperto. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 35922/2023.

Il Garante della Privacy ha adottato un provvedimento di avvertimento nei confronti di Meta, perché in occasione delle ultime elezioni politiche del 25 settembre 2022 le piattaforme Facebook e Instagram avrebbero raccolto illecitamente dati personali di migliaia di cittadini italiani senza alcun consenso da parte dei diretti interessati.

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Chattare via Facebook sul telefonino aziendale svelando segreti d’impresa costa la perdita del posto di lavoro. E per una dipendente non proprio zelante non c’è privacy che tenga. È successo a Bari, dove il Tribunale ha prima deciso che il datore di lavoro poteva utilizzare in giudizio gli screenshot dei messaggi privati della signora e - in base al contenuto di questi - ha poi ritenuto legittimo il suo licenziamento.

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È una decisione destinata a destare scalpore (e forse anche a fare scuola) quella della Commissione irlandese per la protezione dei dati che, prima tra i regolatore della privacy dell’Unione Europea ha inviato a Facebook un ordine preliminare per sospendere i trasferimenti di dati negli Stati Uniti sui suoi utenti dell’UE. Si tratta del primo passo significativo che le autorità di regolamentazione dell’UE hanno compiuto per applicare una sentenza di luglio sui trasferimenti di dati della Corte d Giustizia Europea che limita il modo in cui aziende come Facebook possono inviare informazioni personali sugli europei al suolo statunitense, nel timore che i dati degli utenti europei vengano ‘spiati’ e schedati.

Sanzioni per 390 milioni di euro per Meta, la holding di Facebook, Instagram e Whatsapp. La società guidata da Mark Zuckerberg è accusata di aver illegalmente costretto i propri utenti ad accettare annunci personalizzati durante l’uso dei social network, in violazione delle norme europee sulla protezione dei dati personali.

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