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La regolamentazione della privacy è un tema cruciale nell’era digitale, dove i dati personali costituiscono il carburante essenziale per l’utilizzo di algoritmi di machine learning e di intelligenza artificiale, specialmente in contesti commerciali.

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Porta aperta alle class action e alle richieste danni contro il social network che esagera sulla gratuità dei servizi offerti agli utenti digitali. I dati personali sono inseriti in un circuito di sfruttamento commerciale e tutto questo va chiarito fin da subito. Se, invece, si pone l'accento magnificando la gratuità del servizio, allora si commette pubblicità ingannevole. E l'Antitrust applica la relativa sanzione pecuniaria e può obbligare a diffondere un comunicato che metta in evidenza la scorrettezza. Così come è capitato a Facebook, cui l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha applicato una sanzione di 5 milioni di euro, obbligando a pubblicare un avviso in cui dichiara di avere violato il codice del consumo, per mancata adeguata informazione agli utenti. Le sanzioni sono state confermate dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2631 del 29/3/2021.

Chi apre un account non deve essere costretto a vagare tra varie schermate per sapere se i suoi dati saranno usati per fini di marketing, ma deve poterlo capire subito. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con sentenza n. 9614 del 2/12/2024, inquadrando la trasparenza sul trattamento dei dati nell’ambito della correttezza commerciale.

L'ente di una confessione religiosa può accedere agli atti amministrativi delle altre confessioni per verificare se il comune opera in modo discriminatorio. Il Consiglio di stato (Cds) ha recentemente chiarito che l'ente di una confessione religiosa a cui non viene riconosciuta l'esenzione dal pagamento di imposte e tasse, prevista a beneficio degli immobili destinati al culto, può accedere agli atti amministrativi e visionare i documenti tributari riguardanti altre confessioni religiose al fine di accertare l'eventuale sussistenza di disparità di trattamento, ed essere così in grado di dimostrare che la pubblica amministrazione abbia effettivamente operato nei suoi confronti in modo arbitrario e discriminatorio. Dopo una prima pronuncia in tal senso da parte del Tar Lazio, a confermarlo è stato il Cds con sentenza n. 6964/2021.

Dopo aver presentato una denuncia alla Commissione europea e alla rete europea delle autorità per i consumatori contro WhatsApp per aver esercitato pressioni sugli utenti ad accettare i nuovi termini sulla privacy, adesso l’organizzazione europea dei consumatori che raggruppa 46 associazioni dei consumatori europee di 32 paesi (Altroconsumo per l’Italia), si è scagliata contro Google.

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I consumatori italiani chiedono maggiore trasparenza sull'utilizzo e sulla protezione dei dati personali da parte delle imprese. Inoltre, sempre più utenti sono favorevoli all'uso dell'intelligenza artificiale nel trattamento dei dati ma sono preoccupati per l'uso che le aziende ne fanno nella gestione delle informazioni in loro possesso. Ad attestarlo sono i contenuti del Cisco Consumer Privacy report 2022, l'annuale analisi globale relativa alla percezione e ai comportamenti dei consumatori in materia di privacy, secondo cui gli utenti di tutto il mondo si stanno attivando sempre più per incrementare la protezione dei propri dati.

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A fine luglio 2025, si è verificato un evento che ha riportato con forza al centro del dibattito pubblico il tema della sicurezza e della riservatezza nelle interazioni con strumenti di intelligenza artificiale generativa. Migliaia di conversazioni avvenute tra utenti e ChatGPT sono diventate accessibili pubblicamente tramite i motori di ricerca, in particolare Google.

Cade l’obbligo di pubblicare online i dati personali sul reddito e sul patrimonio dei dirigenti pubblici diversi da quelli che ricoprono incarichi apicali. Con la sentenza n. 20 depositata oggi (relatore Nicolò Zanon), la Corte costituzionale ha infatti dichiarato illegittima la disposizione che estendeva a tutti i dirigenti pubblici gli stessi obblighi di pubblicazione previsti per i titolari di incarichi politici.

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Il decreto Trasparenza (Dlgs 104/2022) contiene un adempimento che, a distanza di quasi un mese dalla sua entrata in vigore, sta generando tanti dubbi interpretativi negli uffici del personale: l’informativa relativa ai «sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati». Questa definizione viene direttamente dal diritto comunitario, dove viene già utilizzata per altri fini; ad esempio, nel Gdpr (regolamento 2016/679) è previsto il divieto di assoggettare un singolo individuo a una decisione generata «unicamente» da sistemi automatizzati, a meno che non siano previste adeguate misure di tutela dei diritti della persona.

La trasparenza consiste nella pubblicità di atti, documenti, informazioni e dati propri di ogni amministrazione, resa oggi più semplice e ampia dalla circolazione delle informazioni sulla rete internet a partire dalla loro pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni. Lo scopo è quello di favorire forme diffuse di controllo sull’azione amministrativa, sull’utilizzo delle risorse pubbliche e sulle modalità con le quali le pubbliche amministrazioni agiscono per raggiungere i propri obiettivi. (Vedi sezione Faq sul sito istituzionale dell’Autorità Garante).

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