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La Data Protection Commission (DPC), che è l’autorità di controllo irlandese per la protezione dei dati, ha inflitto una sanzione di 225 milioni di euro a WhatsApp. L'azienda americana, dal 2014 di proprietà di Facebook, è accusata di aver violato le norme europee in materia di protezione dei dati personali. Secondo l'autorità, WhatsApp non avrebbe infatti "assolto ai suoi obblighi di trasparenza" richiesti dal Gdpr per quanto riguarda la comunicazione agli utenti sull'utilizzo dei loro dati personali.

Sul web gli utenti si imbattono in numerosi trabocchetti e strattagemmi studiati per persuadere gli utenti a rinunciare alla protezione dei loro dati personali. Oltre mezzora per leggere le complesse informative dei colossi di internet. Tra i subdoli escamotage anche slogan ingannevoli che fanno leva proprio sulla privacy e veri e propri percorsi ad ostacoli per cercare di cancellare i propri dati. Bernardi: “Utenti trattati più come polli da spennare che come potenziali clienti da fidelizzare, a rischio la fiducia sul mercato digitale”. Circolare di Federprivacy sulla trasparenza con il Gdpr.

L’“App economy” è uno dei settori del sistema economico attuale in maggiore espansione, che oggi impiega 1,8 milioni di persone solo in Europa e il cui valore, in termini di fatturato, si stima cresca esponenzialmente nei prossimi anni. Ma possiamo considerare l’espressione “app economy” anche come una delle più appropriate definizioni dell’economia digitale, in cui una parte significativa degli scambi commerciali è veicolata attraverso applicazioni scaricate dai consumatori, per i fini più vari, su smartphone, tablet ecc. Nella maggior parte dei casi, le app forniscono servizi gratuitamente o, meglio, richiedendo un corrispettivo non patrimoniale: i dati.

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Il sistema di gestione della pubblicita' online e' basato sulla raccolta e la condivisione dei dati di comportamento dell’utente. Un sistema di competizione opaco e concentrato nelle mani di poche aziende, tra cui svetta Google. In pericolo ci sono la privacy e la protezione dei dati personali degli utenti, e in Europa si discute su come intervenire Abbiamo invitato la Commissione a considerare l’eliminazione graduale della pubblicita' mirata, se non un suo divieto totale nell’Unione europea''. A dirlo e' stato a inizio ottobre Alex Agius Saliba, membro maltese del Parlamento europeo.

Come si ricorderà, nell’agosto 2020 in piena emergenza pandemica, ebbe clamore sulle prime pagine estive dei giornali l’attività che l’Inps stava conducendo per procedere all’erogazione del bonus Covid-19, per supposti riflessi sulla privacy di chi ricopriva incarichi di parlamentare o di amministratore regionale o locale. E il prosieguo della questione fornisce utili spunti di riflessione: al ricorso promosso dall’Inps è seguita, in questi giorni, la sentenza n. 4735 / 2022 della XVIII sezione civile del Tribunale di Roma che ha annullato la sanzione comminata a suo tempo dal Garante.

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Nel mondo iperconnesso e data-driven in cui operiamo, le persone sono sempre più consapevoli del valore dei propri dati personali. In questo contesto, la trasparenza non è più solo un adempimento normativo, ma una leva strategica per costruire fiducia, credibilità e reputazione.

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È opportuno pubblicare la pagella completa con il nome e il voto del dipendente pubblico? Alcuni comuni sembrano pensarla così, ma il Garante per la protezione dei dati personali ha chiarito che questo approccio viola la normativa europea.

Le immagini registrate e conservate in sistemi di videosorveglianza urbana rientrano nella nozione di ‘documento amministrativo' per cui possono formare oggetto di accesso da parte dei cittadini ma la loro ostensione deve esser contemperata con gli interessi alla riservatezza e alla tutela dei dati personali di soggetti terzi. È questo, in sintesi, il principio espresso dalla recente decisione del TAR della Campania (Sezione Sesta, 2/5/2023 n. 2608) che si impone all'attenzione non tanto per lo specifico e peculiare problema affrontato e risolto ma soprattutto perché affronta una questione di portata generale assai attuale, considerato il sempre più diffuso utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni di sistemi di videosorveglianza per esigenze di sicurezza pubblica:

In venticinque anni la privacy ha fatto un passo intero indietro e uno mezzo avanti. Il livello di chiarezza e di adeguatezza delle norme è insufficiente. La difficoltà delle imprese ad adeguarsi è la conseguenza diretta di disposizioni incapaci di esprimere regole certe e prescrizioni comprensibili. A cascata abbiamo la ineffettività della legge e lo scadimento di tutela effettiva della riservatezza (sì, ha ancora un senso usare questa parola). La fiducia degli interessati è diminuita più di quanto sia aumentata la loro consapevolezza (in genere antidoto alla sfiducia). La trasparenza dei trattamenti è opacizzata da surplus (a volte doloso) di informazioni, è facilmente eludibile e non tocca il cuore dei problemi (utilizzo arbitrario dei dati).

Rischio di moltiplicazione delle sanzioni per le imprese per scarsa trasparenza nei confronti dei consumatori. La mancanza di chiarezza nelle comunicazioni alla clientela può essere sia una violazione dei divieti di pratiche commerciali scorrette sia una violazione dell’obbligo di informativa privacy.

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Il presidente di Federprivacy a Report Rai 3

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