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No al doppio controllo per contrastare l'assenteismo dei dipendenti pubblici

No all'obbligo di doppio controllo (videosorveglianza e impronte digitali) sugli accessi al lavoro dei dipendenti pubblici. È in contrasto con il regolamento Ue sulla privacy (Gdpr). Lo ha ricordato Antonello Soro, presidente dell'autorità garante per la protezione dei dati personali, che è stato sentito ieri 6/2/2019 dalle commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavoro della Camera, impegnata nell'esame del disegno di legge (atto 1433), recante interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell'assenteismo.

Di concreto c'è anche il rischio che, se varato, il sistema del doppio controllo sia bocciato da un qualsiasi giudice italiano (civile o penale) il quale, chiamato ad esempio a giudicare di un licenziamento, dovrà disapplicare la legge italiana se in contrasto con il regolamento Ue e applicare direttamente il Gdpr.

Al centro del dibattito è l'articolo 2 del ddl, il quale, nella versione approvata dal senato (già diversa da quella originariamente depositata dal governo), prevede che, ai fini della verifica dell'osservanza dell'orario di lavoro, le amministrazioni pubbliche, con esclusione dei dipendenti in regime di diritto pubblico (ad esempio magistrati e forze dell'ordine) e dei dipendenti titolari di un rapporto agile, devono introdurre, sistemi di verifica biometrica dell'identità e contestualmente di videosorveglianza degli accessi, in sostituzione dei diversi sistemi di rilevazione automatica, attualmente in uso; ciò si aggiunge deve avvenire nel rispetto dei princìpi di proporzionalità, non eccedenza e gradualità sanciti dal Gdpr.

Il testo, approvato dal senato, ha specificato che i sistemi di controllo riguardano gli accessi e ha esplicitato il richiamato, generico, ai limiti generali di proporzionalità, non eccedenza e gradualità. È rimasto, invece, l'abbinamento di controllo biometrico e di controllo attraverso le telecamere. Il garante si era espresso negativamente già sul testo originario del ddl e Antonello Soro ha, ieri, ripetuto, che, nonostante le lievi modifiche, il ddl si scontra ancora con il Regolamento Ue.

A scanso di equivoci, il problema non è che la privacy favorisce gli assenteisti (impostazione totalmente errata); il problema è, invece, di redazione di norme in linea con l'ordinamento europeo. Il legislatore italiano, infatti, continua a non tenere conto del fatto che l'obbligo inderogabile di controllo biometrico e insieme mediante videoriprese viola il principio di proporzionalità.

Per rimediare all'impasse, le indicazioni, desumibili dalla normativa europea, vanno nel senso di rendere alternativa la biometria alla videosorveglianza (o l'una o l'altra, non tutte e due insieme) e nel senso di ammettere la rilevazione biometrica solo in presenza di fattori di rischio specifici o di particolari presupposti quali, ad esempio le dimensioni dell'ente, il numero dei dipendenti coinvolti, la ricorrenza di situazioni di criticità, che potrebbero essere anche influenzate dal contesto ambientale.

Il Garante ricorda che l'analisi impatto sulla regolazione (allegato tecnico al ddl) menziona statistiche, dalle quali emerge che, nel 2017, solo 89 licenziamenti disciplinari (il 10 % del totale) derivano da accertamento in flagranza di falsa attestazione della presenza in servizio. Sono numeri troppo piccoli per giustificare un controllo a tappeto di tutti i dipendenti. Il garante, ovviamente, condivide la lotta all'assenteismo, ma non può che richiamare all'osservanza delle norme europee. Altrimenti, dietro l'angolo potrebbe esserci una dichiarazione di contrasto della legge con il Gdpr da parte della corte di giustizia europea e la sua sistematica disapplicazione da parte dei giudici italiani.

Fonte: Italia Oggi del 7 febbraio 2019 - Articolo di Antonio Ciccia Messina

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