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C’è ancora molto da fare sul fronte della prevenzione e repressione del cosiddetto reato di revenge porn. Oggi le vittime hanno a disposizione strumenti di tutela penali e amministrativi che però non sempre sono sufficienti a evitare la viralità dei contenuti. Sul fronte penale si può sporgere querela entro 6 mesi dalla conoscenza del fatto (termine doppio rispetto a quello ordinario). Il reato è procedibile d’ufficio se commesso ai danni di una persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o di una donna in gravidanza. Non è invece prevista un’aggravante specifica a tutela dei minorenni.

Con la sentenza 17784/2022 la Corte di Cassazione affronta l'interessante disamina della "critica politica e sindacale" sui social network e sui blog. Secondo la Suprema Corte, se attentamente contestualizzati, possono essere ammessi anche toni molto aspri o persino "taglienti" non essendovi limiti astrattamente concepibili all'oggetto della libera manifestazione del pensiero, se non quelli specificamente indicati dal legislatore. Su queste basi persino parole come "letamaio" - nella vicenda usate su un blog - se inserite nel contesto di un contrasto di idee ed opinioni e quindi non riferite alla persona in quanto tale, non sono penalmente rilevanti.

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Facebook avrebbe tentato di esercitare pressioni su diversi politici in varie parti del mondo affinché facessero lobbying a favore dell'azienda contro le leggi sulla protezione dei dati. Lo scrive l'Observer, citando nuovi documenti che il settimanale insieme con la pubblicazione Computer Weekly ha preso in visione. Tra i politici citati l'ex cancelliere dello Scacchiere britannico, George Osborne, e l'ex premier irlandese, Enda Kenny.

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Gli utenti LinkedIn - e i non utenti i cui dati possono essere comunque presenti sul social network perché pubblicati da altri utenti - hanno il diritto di opporsi al trattamento dei propri dati personali per l’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale generativa della piattaforma, utilizzando le modalità rese disponibili online dalla società.

La Commissione Ue ha presentato delle linee guida per la protezione digitale dei minori e un prototipo di un'applicazione per la verifica dell'età degli utenti sulle piattaforme ai sensi del Digital Services Act.

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Nelle scorse settimane Meta ha annunciato che a partire dal 27 maggio utilizzerà i dati personali degli utenti europei, italiani compresi, per addestrare la sua intelligenza artificiale, ma se gli utenti possono essere rassegnati a subire passivamente l’ennesima invasione della loro privacy, invece gli attivisti non ci stanno e partono al contrattacco.

Stop al pubblico dipendente «hater»: anche se posta sul suo account social privato, non può ledere l'immagine della pubblica amministrazione. Stop, dunque, al caricamento di testi, immagini e meme o qualsiasi altro contenuto elettronico che violi i doveri deontologici del dipendente della pubblica amministrazione. È questo l'effetto dell'articolo 4 del decreto-legge, approvato dal consiglio dei ministri del 13 aprile 2022, recante ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

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Secondo la Corte di Cassazione (sent.11571/2025) pubblicare un post su Facebook appellando un politico o un gruppo di amministratori pubblici con termini come “maledetti” o persino “assassini” oggi può non costituire più diffamazione.

Attenzione alle critiche espresse sul proprio profilo Facebook. Infatti, può costituire diffamazione la diffusione di foto che riprendono un momento "criticabile" della vita di terzi dando, in pasto all'estesa platea dei social, l'impressione che lo scatto sia rappresentativo di una condotta generalizzata di chi vi è ritratto e di cui così si offende la reputazione. La Corte di cassazione con la sentenza n. 11426/2021 ha respinto il ricorso contro la condanna per diffamazione di un privato cittadino che dopo aver fotografato gli operai di un cantiere pubblico postava la foto su Facebook con una discalia che puntava il dito - con ironia e senza espressioni formalmente offensive - sull'attegiamento estremamente rilassato se non disinteressato rispetto al lavoro che questi stavano svolgendo.

E’ ormai noto come l'apertura al pubblico dell'ampio e diffuso utilizzo di Internet abbia determinato la comparsa e lo sviluppo crescente di nuovi reati, che si manifestano sia come reati informatici «in senso stretto» (vale a dire che già a livello normativo contemplano, fra gli elementi costitutivi dell’illecito, l'utilizzo di tecnologie), sia come reati informatici «in senso ampio» ed, in specie, come reati «cibernetici». La Sentenza della Cassazione Penale n. 4025/2019, è tornata ad occuparsi di quest’ultima categoria di illeciti: nello specifico minaccia e diffamazione a mezzo “Facebook”.

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Il furto d'identità con l'intelligenza artificiale

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