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L’appartamento dei signori M.F. e C.A. veniva interessato da infiltrazioni d’acqua provenienti dall’appartamento del signor D.B.M. Questi, beneficiando di una copertura assicurativa, chiedeva l’intervento di INA Assitalia (poi Generali Italia) che stragiudizialmente liquidava i danneggiati.  A richiesta dell’assicurato, Generali gli trasmetteva una stampa del sistema informativo interno della medesima compagnia nonché un atto di liquidazione, questo indicante in calce le coordinate bancarie dei risarciti, coordinate acquisite dal proprio perito nel corso della procedura aperta per la copertura del sinistro.

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Nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato le agenzie investigative operano lecitamente solo nel caso in cui la vigilanza sui dipendenti non sconfini in una forma di controllo occulto sull'attività lavorativa vera e propria, la quale può essere direttamente esercitata solo dal datore di lavoro e dai suoi collaboratori. Precisa la Cassazione (sentenza 15094/2018 ) che la vigilanza tramite agenzia investigativa deve necessariamente limitarsi agli atti illeciti del lavoratore che non siano riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione lavorativa. In altri termini, l'intervento degli investigatori può giustificarsi solo nel caso in cui sia stato commesso un illecito e vi sia la necessità di una verifica più approfondita per accertare il contenuto effettivo delle violazioni, oppure se vi sia un fondato sospetto che atti illeciti siano in corso di svolgimento.

Non è reato lo spamming, cioè l'invio massivo di posta elettronica per farsi pubblicità, ad esempio a una mailing list di addetti ai lavori. E ciò perché il trattamento illecito di dati si configura soltanto se l'interessato subisce un nocumento, anche dopo le modifiche apportate al codice privacy per l'entrata in vigore di Gdpr. Il danno richiesto dalla legge non può essere soltanto il fastidio di dover cancellare le mail indesiderate, per quanto il relativo l'invio sia illegittimo: si configura invece quando il mittente non toglie dalla mailing list l'utente che segnala di non voler ricevere più i messaggi. 

Con l’ordinanza 25287/2022, la Corte di Cassazione torna sulla questione dei limiti all’utilizzo di agenzie investigative per l’accertamento di fatti disciplinarmente rilevanti nel rapporto di lavoro.

Con la recente sentenza pubblicata il 13 maggio 2024 n. 12967, la prima sezione civile della Cassazione si è espressa su un interessante caso, relativo all’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale da parte di una importante università italiana. La suprema corte conferma il provvedimento del Garante con cui l'autorità aveva sanzionato l'ateneo per 200.000 euro.

Diritto di difesa batte privacy. Il lavoratore può registrare di nascosto le conversazioni con i colleghi per tutelare la propria posizione all'interno dell'azienda: non serve il consenso dell'interessato quando il trattamento dei dati - come l'audio “rubato” all'ignaro interlocutore - serve a precostituirsi un mezzo di prova, magari contro il datore. Ad esempio per il dipendente che vuole dimostrare la natura ritorsiva del licenziamento adottato dalla società. A patto, tuttavia, che l'utilizzo del file non vada oltre le finalità della tesi difensiva e, dunque, le necessità del legittimo esercizio di un diritto. È quanto emerge dalla sentenza 28398/22, pubblicata il 29 settembre dalla sezione lavoro della Cassazione.

La fisionomia del sistema di acquisto di bitcoin «si presta ad agevolare condotte illecite», visto che è in grado di assicurare un grado elevato di anonimato. Via libera quindi alla custodia cautelare per truffa e autoriciclaggio. Lo afferma la Cassazione con la sentenza 27023 della Seconda sezione penale depositata il 13 luglio 2022. 

Legittima la pubblicazione in un libro delle intercettazioni, e di altri atti, facenti parte di un provvedimento archiviato. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 22503/2024, segnalata per il “Massimario”, che ha respinto il ricorso del Procuratore della Repubblica di Bolzano contro l’assoluzione dei due autori disposta dal Gip per “insussistenza del fatto”.

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Non è da considerarsi rilevante in sé ai fini del corretto esercizio del diritto di difesa la conoscenza puntuale di tutte le procedure di logging. Per tale ragione la Cassazione penale ha respinto il ricorso dell’’indagato che si era visto applicare una misura cautelare personale sulla base del quadro indiziario emerso attraverso l’uso del mezzo delle intercettazioni.

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Con due sentenze la Cassazione conferma le sanzioni emesse nei confronti di due società per violazioni della privacy, la prima per iscrizione illecita degli utenti a una newsletter, mentre la seconda per la non corretta gestione del passaggio di una maxi banca dati dal vecchio al nuovo gestionale.

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Il Presidente di Federprivacy a Settegiorni su Rai Uno

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