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L’uso dei dati biometrici come strumenti di accesso all’azienda non richiede un accordo sindacale ma richiede una valutazione di impatto privacy. Il monitoraggio dei costi dei telefoni aziendali richiede sia l’accordo, sia la valutazione di impatto. Sono solo due delle situazioni pratiche nelle quali può trovarsi il datore di lavoro: l’uso di strumenti informatici che possano comportare un controllo a distanza dell’attività lavorativa deve rispettare i paletti dettati dallo Statuto dei lavoratori (come modificato nel 2015) e dal Regolamento Ue sulla privacy, in vigore dal 25 maggio scorso.

La titolarità e la responsabilità del trattamento dei dati acquisiti attraverso sistemi di controllo da remoto fanno capo esclusivamente al datore di lavoro. L’Ispettorato del lavoro non può quindi rilasciare il provvedimento autorizzativo, disciplinato dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, nelle ipotesi in cui il titolare dei dati acquisiti (immagini o tracciamenti) non coincida con il datore istante.

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Se si dovessero riassumere ad un non addetto ai lavori i criteri con e per i quali i controlli difensivi possano essere lecitamente disposti, si potrebbe concentrare l'attenzione sulla pronuncia della Grande Camera della Corte di Strasburgo (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, in breve CEDU) del 17 ottobre 2019, per la chiarezza della sintesi che essa consente sull'argomento (a dire il vero, in generale non di agevole inquadramento).

L'articolo 41 della Costituzione prevede la libertà di iniziativa economica del datore di lavoro, purché esercitata nel rispetto della libertà e dignità umana. Quindi, il datore di lavoro detta le regole per l'esecuzione e la disciplina del lavoro, e ha il potere di controllare che l'attività lavorativa dei dipendenti sia eseguita conformemente alle direttive da lui impartite, e ciò avviene sempre più spesso attraverso tecnologie informatizzate e sistemi di Intelligenza Artificiale che comportano anche decisioni automatizzate. Organizzato un seminario online per il 20 aprile 2023.

La vicenda trae origine dal licenziamento di una dipendente alla quale era stata contestata la trasmissione a terzi di e-mail contenenti informazioni altamente riservate della società datrice di lavoro. La giurisprudenza torna a pronunciarsi sulla legittimità dei controlli del datore di lavoro sulla posta elettronica del dipendente. Questa volta è il Tribunale di Genova ad affrontare la questione, con sentenza resa lo scorso 14 dicembre, richiamando e facendo propri i principi recentemente elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di controlli difensivi alla luce dell'attuale formulazione dell'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato dall'articolo 23 del Dlgs. n. 151 del 2015.

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In un recente provvedimento (13 maggio 2021 – doc. web. N. 9669974) l’Autorità Garante ha sanzionato un Comune per aver implementato un sistema di controllo della navigazione in internet senza aver reso ai lavoratori una informativa ai sensi dell’articolo 13 del Regolamento UE 679/2016. Il caso affrontato dal Garante ha preso spunto da una sanzione disciplinare irrogata a un lavoratore pubblico che utilizzava il computer del Comune, per finalità non lavorative. In particolare, per aver consultato Facebook, Youtube e altre pagine web.

La protezione delle informazioni personali e il rispetto della vita privata vale anche nel pubblico impiego dove permane, comunque, una ragionevole aspettativa di riservatezza. Questo è uno dei principi ribaditi nel provvedimento del Garante Privacy n. 190 del 13 maggio 2021 con il quale ha irrogato una sanzione da 84 mila euro al Comune di Bolzano per aver tratto illecitamente i dati dei propri dipendenti in violazione degli artt. 5, 6, 9, 88 e 35 del GDPR, nonché 113 e 114 del Codice Privacy.

Problemi di riservatezza sul green pass al lavoro. Il Garante della Privacy ha segnalato a Parlamento e Governo alcune criticità, in merito alla possibilità che il lavoratore consegni copia della certificazione verde al datore di lavoro.  Le possibili falle nella normativa in fatto di riservatezza dei dati personali sono contenute in una comunicazione firmata dal presidente dell'autorità Pasquale Stanzione:

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In queste convulse giornate, dal mondo delle aziende, sta emergendo un tema inedito. Numerosi datori di lavoro si sono attrezzati con misure “fai-da-te” interne, volte, in qualche modo, ad un tentativo di contenere l’emergenza epidemiologica.

Secondo l’ avvocatura generale della Corte di Giustizia dell’ UE, il rispetto del diritto alla protezione dei dati personali non esige la previa autorizzazione di un’autorità giudiziaria nelle indagini in materia di concorrenza. Tuttavia, il sequestro di messaggi di posta elettronica professionali deve essere assoggettato a garanzie procedurali adeguate e sufficienti, nonché ad un successivo controllo giurisdizionale.

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Il presidente di Federprivacy alla trasmissione Ore 12 su CR1 TV

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