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Videosorveglianza su aree comuni per provare lo stalking tra vicini

In dottrina e in giurisprudenza vi è stato un ampio dibattito se la normativa sulla privacy impedisca la ripresa con telecamere delle parti comuni condominiali: la Corte di Cassazione (sentenza 30191/2021) ha concluso positivamente.

Videosorveglianza su aree comuni per provare lo stalking tra vicini

Il caso -  Due soggetti erano stati condannati per il reato di atti persecutori commessi in danno dei vicini all’interno di un condominio e la Corte di appello riformava in parte la sentenza. La Corte di cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi in quanto non ammetteva la rivisitazione del merito della vicenda ma soprattutto è intervenuta sulla legittimità delle riprese delle condotte persecutorie, effettuate con le telecamere che riprendevano le parti comuni.

I tre principi della Cassazione - La ripresa delle parti comuni per accertare la commissione dei reati, non costituisce i reati di cui agli articoli 615 e 615 bis del Codice penale perché non è un’interferenza illecita nella vita privata degli altri condòmini, in quanto la giurisprudenza di legittimità afferma che l’uso di telecamere, installate all’interno di un’abitazione, che riprendono l’area condominiale destinata a parcheggio e il relativo ingresso non integra il reato.

Queste aree sono infatti destinate all’uso indeterminato di persone e quindi non riguardano il domicilio, la privata dimora o le sue appartenenze, di un condòmino. Lo stesso principio è applicabile all’installazione di telecamere che riprendano le scale condominiali ed i pianerottoli, poiché tali ambiti non assolvono alla funzione di consentire l’esplicazione della vita privata al riparo di sguardi indiscreti, ma sono destinati all’uso di un numero indeterminato di soggetti.

Video come prova - Le videoregistrazioni effettuate da privati con telecamere di sicurezza sono prove documentali (articolo 234 del Codice di procedura penale) e i relativi fotogrammi, estrapolati dai filmati e inseriti nelle annotazioni di servizio, sono prove legittimamente acquisite e processualmente utilizzabili. Tali riprese non necessitano della diretta visione nel contraddittorio tra le parti, alle quali è garantito il diritto di prenderne visione o copia.

Non può invocarsi la normativa sulla privacy (Dlgs 196/2003) per evitare l’utilizzo in giudizio delle videoregistrazioni condominiali, secondo i principi elaborati dalla Corte di cassazione, anche quando viene acquisito e utilizzato, ai fini dell’affermazione della responsabilità penale, un filmato effettuato con un cellulare o un sistema di videosorveglianza.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 1° settembre 2021

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