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Le richieste di accesso all’amministratore di condominio e la valutazione sul bilanciamento degli interessi

L’eterno dilemma che si pone l’amministratore di condominio: la richiesta del condòmino di visionare questo o quel documento può essere accontentata o si viola la riservatezza? Si rientra nell’esame sul “bilanciamento degli interessi” che per essere gestito necessita di una valutazione che non può prescindere dall’esame della norma ma anche dai principi di minimizzazione e di accountability.

(Nella foto: l'Avv. Carlo Pikler, coordinatore del Gruppo di Lavoro Federprivacy che si occupa della privacy nelle amministrazioni condominiali)

Analizzando la questione, uno spunto è offerto dall’art. 1129 n. 9 c.c., il quale prevede l'obbligo in capo all'amministratore di “fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso”.

Deve inoltre rammentarsi che nel registro anagrafe, previsto dall’art. 1130 n. 6 c.c., l’amministratore è obbligato a tenere i dati identificativi della persona fisica titolare del diritto dell’immobile, quelli identificativi di quest’ultimo, nonché il titolo vantato (se diritto reale o diretto obbligatorio e che tipologia di diritto). Queste informazioni, possono essere comunicati ad altri condomini in caso di richiesta specifica motivata (ad esempio la necessità di autoconvocare un’assemblea condominiale ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c.). Le stesse informazioni possono essere comunicate anche ad un creditore del condominio, corredate dai millesimi di proprietà del condòmino e dalla quota parte del relativo debito gravante sullo stesso, laddove però il creditore sia in possesso di un titolo esecutivo rimasto impagato nei confronti del Condominio e abbia effettuato specifica richiesta in tal senso all’amministratore (art. 63 co. 1 disp. att. c.c.)

A questo impianto normativo, occorre ricercare anche quanto riportato nei provvedimenti specifici adottati dal Garante privacy.

Così, deve partirsi dal principio generale espresso nel “Vademecum condominiale” del 2006, secondo cui “tutte le operazioni di trattamento dati devono essere effettuate nell'ambito delle attività connesse all'amministrazione di condominio”.

Dunque, il principio regolatore della valutazione sul bilanciamento sta in quel dettato normativo che nel GDPR si indica come “minimizzazione”, che si ravvisa nella necessità di limitare le operazioni di trattamento a quanto effettivamente necessario per il perseguimento delle finalità.

L’amministratore di condominio deve rispettare il GDPR quando riscontra le richieste dei condòmi di visionare questo o quel documento

Partendo dalla considerazione espressa dal Garante nella newsletter n. 387 del 23 aprile 2014 secondo cui l'amministratore per predisporre il registro dell'anagrafe può “acquisire le informazioni che consentono di identificare e contattare i singoli partecipanti al condominio - siano essi proprietari, usufruttuari, conduttori o comodatari - chiedendo le generalità comprensive di codice fiscale, residenza o domicilio. Può chiedere, inoltre, i dati catastali”, possiamo dire che tali dati sono necessari al fine di compiere la funzione medesima del Registro e, pertanto, devono considerarsi come trasmissibili agli altri condomini in virtù del principio di solidarietà.

Il principio in questione determina l'esercizio del diritto di accesso ex art. 1129 c.c., a sua volta espressione del diritto al controllo per una trasparente e corretta gestione condominiale.

Ma, quand’anche prevale l’interesse alla trasparenza, l'amministratore deve comunque attenersi alla luce del Reg. Ue 679/2016, al principio di minimizzazione del trattamento (art. 5 e considerando 39: i dati personali sono… adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati…).

Ne consegue che, ogni qual volta la conoscenza del dato personale (art. 4, 1 Reg. UE), anche di un singolo partecipante al condominio, sia richiesta per la finalità di controllo, deve considerarsi lecita e l'amministratore è obbligato a comunicare il dato o i dati richiesti.

Il Garante però, nella nota del 24 dicembre 2021 e nella Relazione annuale del 2021, richiamando una decisione del Tribunale di Palermo ed una del Tribunale di Brescia (rispettivamente n. 2514/2021 e n. 2177/2018), ha ricordato che: “la conoscibilità delle informazioni concernenti i partecipanti alla compagine condominiale deve restare impregiudicata qualora ciò sia conforme alla disciplina civilistica o comunque sia prevista in base ad altre norme presenti nell’ordinamento, purché sussistano i relativi presupposti fissati dalla legge. Ferma restando, pertanto, l’accessibilità del registro in questione nei termini indicati dalla medesima disciplina civilistica (art. 1129, comma 2, del c.c.), in base al principio di accountability (art. 5, par. 2, del RGPD), spetta allo stesso titolare valutare la rispondenza dei trattamenti effettuati ai princìpi di protezione dei dati personali, selezionando le sole informazioni pertinenti rispetto allo scopo della richiesta alla luce del principio di minimizzazione dei dati (art. 5, par. 1, lett. c), del RGPD)”.

Deve essere quindi lo stesso amministratore, analizzata la richiesta, a dover valutare caso per caso e stabilire se e quali dati possano essere comunicati perché effettivamente pertinenti e non lesivi del principio di minimizzazione.

Note Autore

Carlo Pikler Carlo Pikler

Avvocato, Centro Studi Privacy and Legal Advice. Coordinatore del Gruppo di Lavoro Federprivacy sulla protezione dei dati personali nelle amministrazioni condominiali.

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