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Nessuna condanna penale per l’installazione non autorizzata di un impianto di videosorveglianza all’interno della impresa – nel caso un bar – se non viene anche provato che vi lavorano dei dipendenti e che le telecamere sono idonee ad un penetrante controllo dell’attività lavorativa.

Stop ai controlli «a tappeto» da parte dell'azienda sul computer dei lavoratori. Le verifiche, infatti, possono essere consentite per motivi disciplinari solo se riguardano dati successivi all'insorgere del sospetto. È esclusa, invece, l'acquisizione di ogni tipologia di documento precedente e in violazione della normativa sulla privacy. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Cassazione nella sentenza 25732/21 del 22 settembre 2021 che ha accolto il ricorso di una lavoratrice.

Più spazio al diritto di critica dei dipendenti. Non si può infatti pretendere che ogni opinione espressa nei confronti della azienda “sia esplicitamente costruttiva” e tale da provocare “un approccio autocritico ed una ragionata revisione […] delle politiche di gestione aziendale”. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 5331/2025.

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Il riconoscimento facciale per controllare le presenze sul posto di lavoro viola la privacy dei dipendenti. Non esiste al momento alcuna norma che consenta l’uso di dati biometrici, come prevede il Regolamento, per svolgere una tale attività. Per questo motivo il Garante privacy ha sanzionato cinque società per aver trattato in modo illecito i dati biometrici di un numero elevato di lavoratori.

Licenziato il lavoratore che usa il permesso sindacale per motivi personali. Il detective ingaggiato dall'azienda che lo accerta non commette alcuna violazione della privacy perché il controllo che gli è stato affidato risulta eseguito in luoghi pubblici e serve ad accertare le cause effettive della richiesta di permesso.

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Pronuncia della Cassazione su un caso di licenziamento per giusta causa di un dipendente, il quale aveva contestato la violazione della sua privacy attraverso il ricorso ad un’agenzia investigativa ingaggiata dal datore di lavoro per accertare se i permessi concessi ai sensi della Legge n. 104/1992 venissero effettivamente utilizzati per assistere familiari con disabilità.

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Il datore di lavoro detta le regole per l'esecuzione e la disciplina del lavoro, e ha il potere di controllare che l'attività lavorativa dei dipendenti sia eseguita conformemente alle direttive da esso impartite, ma d’altra parte i lavoratori hanno il diritto al rispetto della loro riservatezza secondo la disciplina principalmente prevista dallo Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970), ponendo limiti e divieti a controlli lesivi dei diritti inviolabili e il tendenziale sfavore per ogni tipo di controllo occulto, attenuato in presenza di determinate condizioni.

Fin dall’introduzione della prima Legge n. 675/1996 sulla protezione dei dati personali, nella maggior parte delle aziende la più grande mole di informazioni da tutelare riguardava la gestione del personale. All’epoca, individuarne il perimetro e adottare le misure di sicurezza richieste era un compito di relativa difficoltà, perché i dati si presentavano perlopiù in forma cartacea, spesso riposti in archivi fisici. Nuovo manuale “Privacy e Gestione del Personale”, a cura di Nicola Bernardi, Presidente di Federprivacy con l’introduzione di Ginevra Cerrina Feroni, Vice Presidente del Garante per la protezione dei dati personali.

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È LinkedIn l’ultimo bersaglio colpito dai pirati informatici, che sono riusciti ad appropriarsi di un enorme archivio di dati personali di circa 500 milioni di utenti del social network professionale per eccellenza, i quali sono stati loro malgrado trattati come merce svenduta a prezzi di saldo su un popolare forum di hacking.

Oltre il 70% degli impiegati utilizza app di messaggistica per condividere dati sensibili e informazioni critiche dell'azienda, e il 52% di professionisti e manager d’impresa fotografa documenti di lavoro riservati e li spedisce tramite WhatsApp, ma uno su quattro di essi (24%) sbaglia destinatario. Rapetto: “Si consegnano inconsapevolmente le chiavi dell’ufficio e in particolare quelle dei cassetti più riservati”. Bernardi:” Molte aziende hanno perso il controllo dei propri dati personali a causa delle app”. Decalogo di Federprivacy per aiutare le imprese a disciplinare l’uso di servizi aziendali di chat e messaggistica elettronica in conformità al Gdpr.

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