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Telemarketing, dal 1° dicembre possibile opporsi alle chiamate sul cellulare, ma solo in teoria

Corsa (teorica) contro il tempo per il nuovo registro delle opposizioni al telemarketing. Il vecchio registro sarà mandato in cantina dal regolamento che sostituirà il decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 7 settembre 2010. E, a dire il vero, la nuova versione del dPR è passata all’esame preliminare del Consiglio dei ministri già il 17 gennaio 2020, dando il via alla trafila della raccolta dei pareri. Tra questi quello del Consiglio di Stato, che si è pronunciato due volte e, in dettaglio, all’adunanza del 2 aprile 2020 e, poi, a quella del 9 luglio 2020, in aperto disaccordo con il Mise, ministero dello sviluppo economico, incaricato di predisporre il testo del provvedimento.

Antonio Ciccia Messina

(Nella foto: Antonio Ciccia Messina, avvocato esperto di protezione dati e presidente di Persone & Privacy)


Potrebbe, quindi, essere in forse il rispetto del termine (teorico) riportato sullo schema di decreto, esaminato in prima battuta dal Governo.

In effetti, l’articolo 4, del testo provvisorio, entrato al Consiglio dei ministri, riporta queste lapidarie affermazioni: il registro si considera realizzato il 1° dicembre 2020; entro la predetta data sono completate le fasi della realizzazione del funzionamento del registro.

Ovviamente, la scadenza del 1° dicembre 2020 non ha avuto, ad oggi, una sua formalizzazione in un regolamento che, terminato il suo cammino, sia stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale e sia entrato in vigore.

In sostanza, formalmente parlando, la scadenza del 1° dicembre 2020 non esiste.

Va, però, rimarcato che questo regolamento sul nuovo registro delle opposizioni deve attuare la legge 5/2018; e che l’articolo 1, comma 15, della legge citata indicava come deadline il novantesimo giorno dalla pubblicazione della legge medesima; e che la pubblicazione è avvenuta il 3 febbraio 2018 (Gazzetta ufficiale n. 28).

La persistente indisponibilità del regolamento attuativo implica la non agibilità del nuovo impianto, per certi versi dirompente, sintetizzato sul sito del registro delle opposizioni, nei termini seguenti: nel nuovo registro si potranno iscrivere i propri numeri cellulari; saranno inseriti d’ufficio i numeri riservati: inoltre con l'iscrizione al servizio saranno revocati tutti i consensi precedentemente rilasciati alle aziende, fatti salvi quelli prestati nell'ambito di specifici rapporti contrattuali in essere, ovvero cessati da non più di trenta giorni, aventi ad oggetto la fornitura di beni o servizi.

Al momento i call center continueranno a telefonare sui cellulari

In attesa del nuovo regolamento, si legge sul sito del registro delle opposizioni, gli utenti possono iscriversi nel Registro attualmente in vigore per opporsi all'utilizzo per finalità pubblicitarie dei numeri di telefono di cui sono intestatari e dei corrispondenti indirizzi postali associati, presenti negli elenchi pubblici.

La sintetica comunicazione presente sul sito del Registro delle opposizioni si chiude con un significativo avvertimento: il diniego espresso tramite il Registro attualmente vale solo per gli operatori che estrapolano i propri contatti dagli elenchi telefonici pubblici e non vieta la ricezione delle chiamate di telemarketing che sono state autorizzate dagli utenti tramite il consenso diretto, magari con la sottoscrizione dei contratti, tessere fedeltà o sconti.

Peraltro, proprio l’analisi dell’impatto delle nuove norme (ovvero la cancellazione a tappeto dei consenti precedenti quale effetto dell’iscrizione dell’utenza nel registro) sulle liste dei nominativi già “consensati” in passato e la verifica della possibilità di una loro ultrattività potrebbe spiegare un iter così prolungato e meditato.

Sul punto, la legge 5 del 2018, come sopra accennato, ha stabilito che l’iscrizione implica la cancellazione anche di tutti i consensi precedentemente espressi, tranne quelli prestati nell’ambito di specifici rapporti contrattuali in essere, oppure cessati da non più di 30 giorni. La norma, non chiara, ha alimentato la dialettica di interessi antagonisti è chiaramente percepibile dalla lettura dei pareri del Consiglio di Stato.

Nella bozza di decreto, come riporta il parere del Consiglio di Stato, la scelta è di fare salvi tutti i consensi comunque prestati dal contraente al trattamento dei propri dati, ovvero un salvataggio omnibus di tutti i consensi già espressi.

A tale riguardo il Consiglio di Stato ha messo, nero su bianco, i suoi rilievi critici, che sono gli stessi del Garante della privacy: gli unici consensi da fare salvi dovrebbero essere non tutti, ma solo quelli previsti nell’articolo 1, comma 5, della legge 5/2018 e cioè quelli prestati nell’ambito di specifici rapporti contrattuali in essere, o cessati da non più di 30 giorni. Ogni altra opzione, scrive il Consiglio di stato, “si pone in stridente contrasto” con la legge.

Insomma, pare di essere spettatori di un braccio di ferro “giuridico” tra Palazzo Spada e Mise, alla cui base si posiziona il conflitto degli interessi in gioco: quelli dell’utente/consumatore (che non vuole ricevere telefonate commerciali e vorrebbe sbarrare la strada a tutte le telefonate in un colpo solo) e quelli delle aziende, le quali hanno costruito o comprato liste di utenze, che rappresentano un asset di alto valore commerciale.

In ogni caso, con il parere licenziato all’udienza del 9 luglio 2020, il Consiglio di Stato ha dato il suo via libera alla persistente validità ed utilizzabilità ai consensi telemarketing inseriti in contratti vigenti o scaduti da non più di trenta giorni. Solo questi consensi, sembrerebbe di capire, stando al testo del parere, possono legittimamente sopravvivere alla falcidia dei consensi conseguenza dell’iscrizione nel registro delle opposizioni alle telefonate commerciali indesiderate.

La palla, comunque, è ancora in gioco.

E ci sono altri nodi da sciogliere: sulle utenze riservate (non presenti negli elenchi) la bozza del regolamento subordina l’inserimento nel registro delle opposizioni alla richiesta dell’interessato, mentre il Consiglio di Stato propende per un inserimento automatico, come peraltro prescrive la legge 5/2018; sulle modalità di iscriversi al registro, la bozza di regolamento cancella sia raccomandate cartacee sia e-mail (il Consiglio di stato chiede il ripristino almeno della posta elettronica).

Nelle more si va avanti con il vecchio registro, anche se imprese, utenti e lo stesso registro delle imprese meritano certamente che il decreto arrivi sollecitamente al traguardo con il miglior bilanciamento possibile.

Note Autore

Antonio Ciccia Messina Antonio Ciccia Messina

Professore a contratto di "Tutela della privacy e trattamento dei dati Digitali” presso l'Università della Valle d’Aosta. Avvocato, autore di Italia Oggi e collaboratore giornali e riviste giuridiche e appassionato di calcio e della bellezza delle parole.

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