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Le misure di protezione assunte da TikTok per gli utenti minorenni sono del tutto insufficienti e non possono assolutamente bastare: per creare un ambiente web sicuro, in cui navigare ed esprimersi liberamente, è necessario invece restituire ai genitori una funzione di consenso in fase di iscrizione e supervisione rispetto alle attività condotte in rete dai figli - un diritto inalienabile di tutela che incredibilmente continua a non essere riconosciuto sul web.

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L’invio di comunicazioni tramite il sistema di messaggistica di Facebook, anche a più iscritti, non fa scattare il reato di diffamazione se i messaggi sono inviati ad un soggetto per volta, mancando il requisito della comunicazione diretta a più persone. Lo ha ribadito la Corte di cassazione, sentenza n. 5701/2024.

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Nuovo strumento per i professionisti che ogni giorno devono rimanere aggiornati per applicare in modo corretto il Gdpr e la normativa sulla protezione dei dati personali e anche per i cittadini che desiderano essere informati per conoscere ed esercitare i propri diritti per tutelare al meglio la loro privacy.

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La questione affrontata dalla recente sentenza della Corte di Cassazione 28675/2022 attiene al corretto inquadramento sotto il profilo dell'ingiuria piuttosto che della diffamazione degli scritti offensivi in una chat Whatsapp. Nella vicenda il fatto consisteva nell'invio, da parte della imputata, di plurimi messaggi scritti e audio in una chat di whatsapp a cui partecipavano un suo contatto ed altre giovani ragazze, dal contenuto pesantemente offensivo nei confronti del contatto stesso. Messaggi scatenati dal fatto che quest'ultimo le aveva restituito, perché non in grado di accudirlo, un cucciolo di cane che l'imputata gli aveva regalato. 

Negli ultimi tempi social e app hanno iniziato a mostrare un insolito interesse per i dati personali sulla salute mentale degli utenti, e presumibilmente non lo fanno perché si interessano del nostro benessere psicofisico e neanche per la ricerca scientifica in campo medico, ma piuttosto perché sono informazioni che possono essere molto preziose per i loro scopi.

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Una donna barese posta sul proprio profilo Facebook un numero considerevole di immagini (trentasei album fotografici e circa un migliaio di foto) che li vedevano ripresi tutti insieme in ricordo dei “bei tempi andati”. L’ex partner la diffidava a cancellare tali immagini, ma la signora faceva orecchie da mercante ed ignorava la richiesta: non sono, dopotutto, immagini da lei riprese e che vedono anche lei presente? Viene così adito il tribunale pugliese di prime cure.

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Se la persona colpita da frasi offensive all’interno di una chat condivisa con altri non era on line al momento della loro pubblicazione il reato commesso dall’autore dell’espressioni ingiuriose è quello della diffamazione e non dell’ingiuria aggravata.

Settembre è periodo di riapertura delle scuole, con l’entusiasmo - e la fatica, ammettiamolo pure - dei primi giorni tanto per gli studenti quanto per i genitori o coloro che li accompagnano a percorrere i primi passi di un nuovo anno scolastico. Ma attenzione a compromettere la privacy e la sicurezza dei minori.

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Gli algoritmi e le piattaforme si stanno prendendo la vita dei nostri figli? adolescenti e perfino bambini hanno patologie sempre più diffuse legato all’uso di alcune piattaforme digitali e si tratta ormai di un problema di salute pubblica.  Nella puntata di PresaDiretta andata in onda su Rai Tre lo scorso 20 marzo, il programma di Riccardo Iacona e di Cristina De Ritis ha intrapreso un viaggio tra gli adolescenti per capire il loro rapporto con i social con risultati allarmanti.

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Agli adolescenti piace la nuova app Photo Roulette per la condivisione delle proprie fotografie private tra i giocatori di una partita dove «la vittima» è scelta a caso, ma c'è da sentire i brividi perché le immagini, insieme ai propri dati, finiscono chissà dove. E inoltre, Photo Roulette li immagazzina per un tempo fino a sei mesi. L'applicazione mette a rischio la protezione dei dati.

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Cyber e Privacy Forum 2023, il trailer dell'evento

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