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Reato di diffamazione e non di ingiuria aggravata se il post è condiviso sul social quando la vittima non è on line

Se la persona colpita da frasi offensive all’interno di una chat condivisa con altri non era on line al momento della loro pubblicazione il reato commesso dall’autore dell’espressioni ingiuriose è quello della diffamazione e non dell’ingiuria aggravata.

Social, diffamazione e non ingiuria aggravata se il post è condiviso quando la vittima non è on line

Il punto di discrimine sta nella conoscenza delle frasi incriminate “in tempo reale” tra persona offesa dal reato e le altre che le hanno percepite. Infatti, ciò che distingue i due reati è la percezione delle offese da parte di due o più persone alla presenza o meno della vittima del reato. E mentre la diffamazione non si fonda sul tempo reale l’ingiuria aggravata dall’essere consumata alla presenza di altri e oggi depenalizzata presuppone che contemporaneamente sia presente anche l’offeso.

Nel caso di una chat aperta su Facebook e di libero accesso, anche se finalizzata al dibattito di un gruppo politico locale, la circostanza che la persona offesa non fosse collegata al momento della pubblicazione del post offensivo fa scattare la fattispecie della diffamazione proprio perché manca la circostanza che la comunicazione relativa a una persona e diffusa ad altri si sia svolta in tempo reale rispetto a tutti isoggetti coinvolti. Ciò che esclude l’ipotesi dell’ingiuria aggravata.

Con tali argomentazioni la Corte di cassazione penale ha rigettato il ricorso del condannato per diffamazione che chiedeva la riqualificazione del reato contestatogli da diffamazione a ingiuria aggravata. La sentenza n. 409/2024 ha rigettato la domanda contro la declaratoria di prescrizione pronunciata dai giudici di merito di secondo grado, in sede di rinvio, per il reato di diffamazione.

Il ricorso insisteva nel dire che la persona offesa fosse da considerarsi presente allo scambio di post compreso quello incriminato, perchè tale compresenza con gli altri utenti in quel momento on line non poteva essere messa in discussione dal fatto che l’intervento sulla chat fosse differito di qualche secondo o minuto. Ciò che va detto appare normale nell’ambito di un social. Ma, come fa rilevare la Cassazione penale, in un tale contesto rileva l’accertamento della mancanza di collegamento alla chat della persona offesa al momento di pubblicazione del post offensivo. In effetti, nel caso concreto, era stato accertato tecnicamente che la persona diffamata era scollegata al momento della diffusione ad altri delle espressioni illegittime e che ad esse aveva risposto “solo” dopo venti minuti.

Fonte: Il Sole 24 Ore - di Paola Rossi

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