Diffamazione via social e allusioni “piccanti”: l’offesa non si presume per l’attinenza al sesso
In tema di diffamazione a mezzo social la Corte di Cassazione - con la sentenza n. 30385/2025 - ha chiarito che la valutazione sull’offensività delle espressioni veicolate in rete deve fondarsi su un accertamento rigoroso della loro effettiva portata denigratoria, alla luce del significato letterale delle parole, del contesto comunicativo e della loro capacità di offendere l’altrui reputazione secondo un metro oggettivo.

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