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Visualizza articoli per tag: marketing

Stretta della Cassazione sull'invio di newsletter pubblicitarie via internet. In particolare, la Suprema corte, sentenza n. 17278 del 2 luglio 2018, ha affrontato la pratica sempre più diffusa da parte dei siti web di condizionare l'invio di notizie, di solito gratuite, alla prestazione di un generico consenso a ricevere “informazioni promozionali”. Ebbene per i giudici di legittimità, che hanno accolto il ricorso del Garante, un simile modo di procedere viola la privacy del consumatore che non è in grado di sapere con chiarezza e in anticipo a cosa sta acconsentendo.

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La piattaforma social non può sfruttare la rubrica caricata per «invitare un amico». E non si può mandare una mail informativa per chiedere il consenso a ricevere successive proposte commerciali. Questi i principi formulati dal Garante della privacy del Belgio, con la pronuncia n. 25 del 14/5/2020, che ha inflitto a una piattaforma una sanzione di 50 mila euro. Il garante belga si è espresso, previa consultazione di tutti i garanti europei, sulla base delle norme del Regolamento Ue sulla protezione dei dati n. 2016/679 (Gdpr) e, pertanto, i principi espressi devono essere valutati in tutti gli stati dell'Unione.

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Quando visitiamo un sito web o cerchiamo nei motori di ricerca e troviamo un’offerta che sembra fatta apposta per noi, ormai abbiamo imparato bene che davvero quella pubblicità è cucita su misura in base ai nostri gusti e alle nostre preferenze attraverso tecniche di profilazione che monitorano i nostri comportamenti online.

Chi apre un account non deve essere costretto a vagare tra varie schermate per sapere se i suoi dati saranno usati per fini di marketing, ma deve poterlo capire subito. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con sentenza n. 9614 del 2/12/2024, inquadrando la trasparenza sul trattamento dei dati nell’ambito della correttezza commerciale.

La Corte di giustizia UE, con la sentenza nella causa C-621/22 dello scorso 4 ottobre, è nuovamente intervenuta per chiarire l’esatta interpretazione del regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (UE) a fronte di letture non sempre coerenti da parte delle autorità nazionali.

Martedì, 29 Settembre 2020 19:05

Digital Marketing al tempo del Gdpr

Il tema delle attività di marketing svolte dalle aziende, costantemente alla ricerca di nuovi clienti, è ricorrente nei miei incontri con gli imprenditori o i responsabili del marketing aziendale. Il loro obiettivo è massimizzare i contatti con i potenziali clienti contattandoli massivamente con i metodi elettronici che sono i meno costosi (tendenzialmente e-mail, ma anche sms, whatsapp, …). Una lettura affrettata dell’ultimo capoverso del Considerando 47: “Può essere considerato legittimo interesse trattare dati personali per finalità di marketing diretto”, ha portato molti a considerare ammissibile qualsiasi comunicazione anche in assenza del consenso del destinatario.

Nell’era del digitale l’email si conferma come una modalità per fare marketing diretto ancora molto sfruttata dalle aziende, in quanto garantisce risultati molto positivi soprattutto se legata all’utilizzo di attività di profilazione degli utenti.

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Un link per disiscriversi nelle email promozionali inviate senza consenso non rende lecito l’invio. Lo ha precisato il Garante privacy nel comminare una sanzione di 10mila euro ad una società che aveva utilizzato questa modalità per le proprie campagne promozionali indirizzate a numerosi destinatari.

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La piattaforma di shopping online che obbliga i clienti a registrarsi come utenti sul sito anche per fare anche un singolo acquisto viola il GDPR. Lo evidenzia quanto accaduto a Verkkokauppa.com, azienda finlandese che vende i suoi prodotti sia con consegna a domicilio sia attraverso 4 megastore e oltre 2500 punti di ritiro, che fattura oltre 500 milioni di euro l’anno.

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Il diritto degli utenti di opporsi all’uso dei dati a fini di direct marketing va rispettato. E i meccanismi di ricezione delle loro istanze devono essere efficienti e presidiati. È il principio ribadito dal Garante per la privacy che ha ammonito una società per non aver dato riscontro alle richieste di alcuni utenti che non volevano ricevere email promozionali e le ha ingiunto di adottare le misure organizzative necessarie per fornire una risposta immediata a chi si oppone al direct marketing. Alla società è stato inoltre vietato il trattamento dei dati senza consenso e per le violazioni riscontrate è stata inflitta una sanzione di 30.000 euro.

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Il presidente di Federprivacy intervistato su Rai 4

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