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Con la pubblicità mirata non rischiamo solo la privacy ma anche di rimetterci soldi

Quando visitiamo un sito web o cerchiamo nei motori di ricerca e troviamo un’offerta che sembra fatta apposta per noi, ormai abbiamo imparato bene che davvero quella pubblicità è cucita su misura in base ai nostri gusti e alle nostre preferenze attraverso tecniche di profilazione che monitorano i nostri comportamenti online.

 Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy

(Nella foto: Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy)

Ma anche se il fatto di visualizzare in bell’evidenza il prodotto giusto al momento giusto ci potrebbe tutto sommato persuadere a chiudere un occhio sulla privacy, l’intrusione nella nostra sfera privata diventerebbe invece più difficile da digerire se scoprissimo che quel prodotto lo stiamo pagando più del dovuto, e peggio ancora nel caso fosse pure di qualità più scadente.

Sebbene la pubblicità online sia spesso accompagnata da grafiche accattivanti e rimarcata da sconti speciali, a quanto pare non è però tutto oro quello che luccica, perché uno studio condotto da tre ricercatori della Carnegie Mellon University, che è stato presentato di recente alla Federal Trade Commission, ha dimostrato che affidarsi ciecamente agli annunci che ci vengono proposti in evidenza mentre navighiamo online non è proprio la scelta più conveniente per il nostro portafoglio.

Non è tutto oro quello che luccica con la pubblicità mirata

A spiegarne i motivi è stato il Prof. Alessandro Acquisti intervenuto al Privacy Day Forum 2023 per illustrare i risultati dello studio “Behavioral advertising and consumer welfare: An empirical investigation”, da cui è emerso che al gruppo dei quasi 500 consumatori che hanno partecipato al test, gli annunci pubblicitari mirati mostravano prodotti mediamente più cari del 10% rispetto ai prezzi che avrebbero potuto reperire facendo una semplice ricerca sul web per trovare gli stessi identici prodotti.

E non solo i prodotti proposti dalla pubblicità comportamentale possono costare di più, ma beneficiando della visibilità privilegiata rispetto a quelli che si trovano nei normali risultati online, essi hanno anche più del doppio delle probabilità di essere tra quelli che poi vengono effettivamente acquistati da fornitori però meno affidabili e di qualità inferiore, come si può constatare dalle recensioni negative postate dai clienti insoddisfatti, e come confermano le rilevazioni della Better Business Bureau, organizzazione senza scopo di lucro che studia la fiducia degli utenti nell’ambito del marketing.

Ovviamente negli Stati Uniti i risultati dello studio non passeranno inosservati agli occhi attenti della FTC che si occupa della tutela dei consumatori e della prevenzione di pratiche commerciali scorrette, ma nel frattempo sia che dobbiate acquistare un nuovo smartphone o prenotare la vostra prossima vacanza, piuttosto che prendere al volo la prima offerta che vi sembra più allettante, forse la cosa migliore è che vi prendiate giusto qualche minuto in più per analizzare i risultati del motore di ricerca facendo qualche raffronto sui prezzi e leggendo i feedback che gli utenti lasciano sui rispettivi venditori. Se proprio non riuscite ad evitare di essere spiati, almeno così potrete evitare di essere gabbati dalle subdole strategie della pubblicità che è “mirata” non tanto a farvi risparmiare quanto a far arricchire i colossi del web.

di Nicola Bernardi, presidente di Fedeprivacy (fonte: Nòva Il Sole 24 Ore)

Note Autore

Nicola Bernardi Nicola Bernardi

Presidente di Federprivacy. Consulente del Lavoro. Consulente in materia di protezione dati personali e Privacy Officer certificato TÜV Italia, Of Counsel Ict Legal Consulting, Lead Auditor ISO/IEC 27001:2013 per i Sistemi di Gestione per la Sicurezza delle Informazioni. Twitter: @Nicola_Bernardi

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