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Cassazione: attività investigativa su lavoratori possibile solo per accertare illeciti extracontrattuali

Il licenziamento per giusta causa irrogato al dipendente che abbia ripetutamente manomesso il registro delle presenze al fine di occultare le proprie assenze ingiustificate dal lavoro è illegittimo quando, per accertare questa circostanza, il datore di lavoro abbia fatto ricorso ai servizi di un investigatore privato. E questo perché, affinché il ricorso a soggetti esterni all'organizzazione aziendale per vigilare sull'operato di un proprio dipendente sia legittimo, è necessario che l'attività investigativa disposta dal datore di lavoro abbia ad oggetto l'accertamento di condotte illecite diverse dal solo adempimento della prestazione. Lo Statuto dei Lavoratori, infatti, riserva quest'ultimo tipo di controllo proprio al datore di lavoro e alla propria organizzazione gerarchica, non consentendo che venga invece affidato a soggetti terzi alla struttura aziendale.


Lo ha ribadito la Corte di cassazione con la sentenza n. 21621/18, depositata lo scorso 4 settembre, decidendo sul ricorso di un lavoratore che, licenziato in tronco a seguito dell'accertamento da parte di un'agenzia investigativa della manomissione a più riprese da parte sua dei sistemi di rilevazione delle presenze in azienda, aveva visto il provvedimento espulsivo confermato sia in Tribunale, sia in Corte d'appello. Investita della questione, la Cassazione ha ribaltato le decisioni di merito accogliendo il motivo di ricorso del dipendente, in base al quale l'indagine sulla violazione degli obblighi in tema di orario di lavoro poteva essere svolta dal solo datore di lavoro o, comunque, da soggetti interni all'organizzazione aziendale.

E infatti, ha precisato la Corte, il rispetto dell'orario lavorativo attiene strettamente all'adempimento della prestazione e, pertanto, può essere accertato dal solo datore di lavoro in via diretta o attraverso la propria organizzazione gerarchica, non potendo invece essere oggetto di indagine da parte di soggetti terzi, che siano guardie giurate o agenzie investigative, la cui attività di controllo è legittima solo se limitata alla commissione di illeciti extracontrattuali da parte dei lavoratori. Nel formulare questa conclusione, la Cassazione ha ulteriormente chiarito che “ciò non esclude che il controllo delle guardie particolari giurate, o di un'agenzia investigativa, non possa riguardare, in nessun caso, né l'adempimento, né l'inadempimento dell'obbligazione contrattuale di prestare la propria opera”, precisando però, a tal fine, come l'indagine “debba limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducili al mero adempimento dell'obbligazione”.

La decisione, cristallina nello stabilire il confine, in tema di controllo investigativo, tra ciò che al datore di lavoro è consentito e ciò che invece gli è precluso, si colloca nel solco già tracciato dalla giurisprudenza di legittimità in materia di investigazioni private sull'attività dei lavoratori (tra tutte, ad esempio, dalla sentenza n. 9167/2003), ponendo nuovamente l'accento sull'importanza di un corretto accertamento delle condotte illecite dei dipendenti ai fini di una legittima irrogazione della relativa sanzione. La violazione delle norme che regolano le modalità del controllo, infatti, inficia l'intero procedimento disciplinare indipendentemente dalla circostanza che la condotta addebitata al lavoratore sia stata in effetti commessa e sia per giunta idonea a compromettere irrimediabilmente il vincolo di fiducia con il datore di lavoro necessario alla prosecuzione del rapporto.

Fonte: Il Sole 24 Ore dell'11 settembre 2018

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