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Tre recenti provvedimenti del Garante per la privacy (Provv. 25 novembre 2021 [9737185], [9736961], [9738356]) ci consentono di tornare sul tema delle liste consensate nel marketing e richiamare il principio per cui chi commissiona una campagna promozionale deve sempre verificare che le società incaricate di svolgerla operino correttamente e non utilizzino illecitamente i dati di consumatori che non desiderano essere disturbati.

Per poter partecipare ad un programma di raccolta punti e usufruire così di piccoli vantaggi il cliente non deve essere obbligato ad esprimere il consenso a ricevere pubblicità. Il principio è stato ribadito dal Garante privacy che ha vietato a una nota marca di pannolini l’ulteriore trattamento per finalità promozionali dei dati di oltre un milione e mezzo di persone, acquisiti in modo illecito mediante il form “raccolta punti” del sito della società.

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Doppio binario per il marketing telefonico: opt-out per le chiamate con operatore e opt-in (consenso preventivo) per le chiamate automatizzate. È questa la maggiore tutela per gli utenti, che ha convinto il Garante della privacy, presieduto da Pasquale Stanzione, a dare (con provvedimento n. 3 del 13/1/2022) parere favorevole alle modifiche allo schema di regolamento sul cosiddetto registro delle opposizioni alle chiamate indesiderate.

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Da sanare i contratti conclusi in violazione della privacy. È illecito prendere in carico l'ordine del cliente, contattato con una telefonata commerciale, se non ha dato a monte il consenso a riceverla. L'impresa deve sanare la situazione confessando al cliente la violazione originaria e chiedendo, se, nonostante ciò, intenda confermare la fornitura. È quanto affermato dal Garante della privacy nell'ingiunzione n. 183 del 13/4/2023, che fa discendere gravi conseguenze contrattuali dalle pratiche di telemarketing abusivo.

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Le misure di protezione assunte da TikTok per gli utenti minorenni sono del tutto insufficienti e non possono assolutamente bastare: per creare un ambiente web sicuro, in cui navigare ed esprimersi liberamente, è necessario invece restituire ai genitori una funzione di consenso in fase di iscrizione e supervisione rispetto alle attività condotte in rete dai figli - un diritto inalienabile di tutela che incredibilmente continua a non essere riconosciuto sul web.

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Dopo le sanzioni per 390 milioni di euro inflitte a Meta nei primissimi giorni dell’anno per le violazioni del GDPR commesse da Facebook e Instagram, ora l’autorità irlandese per la protezione dei dati torna a bacchettare le società di Mark Zuckerberg con una multa di 5,5 milioni di euro a WhatsApp.

Il fatto che dei numeri di telefono siano pubblicati su elenchi online o facilmente recuperabili su internet non significa che siano liberamente utilizzabili per effettuare telefonate agli abbonati per promuovere i servizi della propria attività commerciale, e il fatto che gli operatori violino la privacy delle persone “in buona fede” non è una giustificazione accettabile.

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"Un'ulteriore criticità del capitalismo delle piattaforme riguarda la tendenza alla remunerazione del consenso al trattamento dei dati personali, assunto come parte di uno scambio tra dati e servizi". Il 6 luglio 2023 il Presidente dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha presentato la Relazione annuale sull'attività del 2022 e ha così introdotto uno dei temi in essa contenuti. Si tratta del "cookie-or-pay wall" o semplicemente "paywall": una recente modalità con cui l'utente è messo in condizione di accedere a determinati contenuti web, potendo scegliere tra le alternative del consenso ai cookie - compresi quelli di profilazione – o del pagamento di un prezzo.

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Per postare sui social network immagini che ritraggono minori di 14 anni è necessario il preventivo consenso di entrambi i genitori. Invece se il minore ha compiuto quattordici anni la normativa italiana gli riconosce la facoltà di decidere autonomamente sulla pubblicazione.

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Lunedì, 06 Luglio 2020 08:54

Post e foto sui social, il nodo è il consenso

Velo su visi e nomi di post e foto caricate sui profili aperti dei social network. A imporlo è il Garante della privacy, che nel 2019 ha ricevuto numerosi reclami e segnalazioni aventi ad oggetto la pubblicazione di dati personali (commenti, fotografie) sui profili social e, in particolare, su Facebook, Instagram e YouTube.

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Il presidente di Federprivacy a Rai Parlamento

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