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Matteo Alessandro Pagani

Avvocato, Socio Fondatore PLS Legal, Delegato Federprivacy nell'area metropolitana di Milano - Web: www.plslegal.eu

Di recente il sito 23andMe ha annunciato di aver subito una fuga di dati di un milione di profili di utenti con origini ebree, e a quanto pare non sembra che fossero state implementate le misure di sicurezza necessarie per la tutela di tali particolari dati.

Le recenti innovazioni nell’ambito dello sviluppo di intelligenze artificiali (di seguito anche “IA”) stanno portando all’interno della realtà di tutti i giorni quello che fino a pochi anni fa era solo fantascienza. Avere a portata di mano un “cervello elettronico” in grado svolgere non solo attività manifatturiere, ma anche di prestazione d’opera intellettuale, come ad esempio redigere e leggere contratti o scrivere articoli di giornale, può non tanto sostituire l’attività umana, quanto rafforzarla, moltiplicandone esponenzialmente la produttività.

Dalla fantascienza alla realtà, ormai le intelligenze artificiali hanno invaso le nostre vite, e non sono più fonte di sorpresa quanto piuttosto di curiosità.  Lo sdoganamento dell’utilizzo di intelligenze artificiali per attività frivole come, ad esempio, modificare la propria immagine, può provocare gravi conseguenze, se viene fatto senza tener conto dell’importanza di tutelare la propria immagine da trattamenti che potrebbero implicare anche la raccolta dei dati biometrici. In particolare, sta spopolando, soprattutto tra i più giovani, un bot su Telegram per trasformare la propria foto in un cartone Manga.

Nel continuo progresso verso l’automazione di un sempre maggior numero di lavori (basti pensare agli esperimenti di Amazon con i propri magazzini o a quelli di Google con il taxi che si guida da solo), un’iniziativa che di recente ha fatto parlare di sé è quella di “BRILLO” (Bartending Robot for Interactive Long-Lasting Operations), il robot-barista nato da un progetto dell’Università Federico II di Napoli.

Recentemente Twitter ha reso disponibile una nuova modalità per mettere i propri utenti a conoscenza delle proprie politiche e impostazioni relativamente al trattamento e alla tutela dei dati personali. Il gioco si chiama “Twitter Data Dash” e, affiancando le classiche informative che spesso vengono bellamente ignorate dagli utenti, questo nuovo modo di pensare all’informativa privacy prova ad avvicinare i suoi utenti verso al mondo della Privacy in maniera leggera e giocosa.

Mercoledì, 11 Maggio 2022 15:25

Roblox: la privacy non è un gioco da ragazzi

Uno degli effetti della pandemia e dei successivi lockdown nazionali è stato certamente quello di aver aumentato in maniera esponenziale le ore che i minori passano davanti allo schermo. Di conseguenza, era inevitabile che ciò si riflettesse in maniera positiva sul mercato videoludico. A questo aumento ha certamente contribuito Roblox, il quale, più che un videogioco, è una piattaforma online per videogiochi. Infatti, tramite l’editor di Roblox, chiunque può creare un videogioco con le più svariate tematiche e meccaniche. Gli unici punti in comune sono la grafica, la quale ricorda vagamente i Lego, ed il fatto di poter monetizzare il gioco.

Poche settimane fa l’European Data Protection Board ha pubblicato la versione 1.0 (per la consultazione pubblica) delle “Linee guida 3/2022 sui Dark Patterns nelle interfacce sulle piattaforme dei social media: Come riconoscerle ed evitarle”.

Recentemente, negli Stati Uniti, è riemersa la proposta di legge “EARN IT”, ovvero la “Eliminating Abusive and Rampant Neglect of Interactive Technologies Act of 2022”. L’obiettivo principale della legge in questione è quello di costituire una Commissione Nazionale per la prevenzione dello sfruttamento sessuale online dei minori, con il compito predisporre regole che incideranno sulla responsabilità civile e penale dei fornitori di servizi e di piattaforme informatiche.

L’annuncio, quasi un mese fa, da parte del Ceo di Facebook (ora Meta) della volontà di creare uno spazio condiviso che vada oltre il semplice social network, per approdare verso un’esperienza il più completa possibile, sia virtuale che in realtà aumentata, sia per svago che per lavoro, ha dato ufficialmente il via alla corsa per colonizzare questo nuovo spazio concettuale denominato “metaverso”.

La sempre maggiore miniaturizzazione dei dispositivi elettronici ci permette oramai non solo di indossarli (la c.d. “tecnologia wearable”), ma anche di rendere più difficile l’individuazione degli stessi da parte di altri soggetti e di poterla utilizzare per sempre più vari scopi. Il caso più recente è quello dei Ray-Ban Stories, sviluppati da Luxottica in collaborazione con Facebook. Il risultato della cooperazione tra queste due multinazionali è un paio di occhiali che permette, a chi li indossa, di fotografare ciò che vedono o di registrare video della durata massima di 30 secondi tramite il con un semplice tocco o addirittura tramite controllo vocale per poi caricare il tutto sui social network.

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Cyber e Privacy Forum 2023, il trailer dell'evento

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