Ora i servizi sessuali hanno il proprio codice Ateco: maggiori introiti per il fisco, ma privacy a rischio per escort e loro clienti
Dal 1° aprile 2025 è entrato in vigore il nuovo codice Ateco 96.99.22, denominato “Servizi di incontro ed eventi simili”, che dovrà essere utilizzato da coloro che esercitano attività riconducibili all'accompagnamento e alla prestazione di servizi sessuali, comprese escort e accompagnatori, che d’ora in poi avranno un inquadramento fiscale ufficiale.
(Nella foto: Nicola Bernardi, Presidente di Federprivacy)
Anche se tale data potrebbe far inizialmente pensare ad uno scherzo goliardico, si tratta effettivamente di una novità senza precedenti per il nostro Paese, che consentirà pure a chi svolge il mestiere più antico del mondo di emettere regolare fattura, ma che d’altra parte solleva non poche perplessità su una potenziale schedatura massiva di coloro che dispensano prestazioni sessuali e sulla privacy dei loro clienti.
Mettendo le mani avanti per prevenire ogni eventuale critica, l’Istat ha chiarito che il nuovo codice si limita a recepire formalmente la classificazione europea NACE Rev. 2.1, che mira a garantire omogeneità statistica tra gli Stati membri, e che la sua descrizione definita a livello comunitario riporta, tra le altre, anche le attività definite "provision or arrangement of sexual services, organisation of prostitution events or operation of prostitution establishments", che non lascia spazio a dubbi o errori di traduzione.
Al riguardo, mentre la legge Merlin del 1958 vieta qualsiasi forma di sfruttamento, favoreggiamento o organizzazione dell'attività sessuale a pagamento, invece la prostituzione in sé non è reato in Italia, per cui a rigor di logica chi la pratica guadagnando sul proprio corpo dovrebbe pagare le tasse come chiunque altro professionista che esercita un’attività economica.

Ma in questo caso la questione si complica non poco, perché le informazioni relative alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona sono particolarmente sensibili, e per questo sono classificate dall’art.9 del GDPR come “categorie particolari di dati” che richiedono maggiore tutela.
Se è quindi giusto che ogni cittadino paghi regolarmente le tasse, sorge però il dubbio su quanti avranno in realtà il coraggio di esporsi pubblicamente e registrarsi come professionisti del sesso. In effetti, chi tra questi dichiarerà correttamente la propria attività, rischierà di fatto di ricevere un’etichetta che potrebbe dar luogo a una schedatura di massa nelle banche dati del fisco di tutti coloro che esercitano attività di carattere sessuale.
E se tali elenchi finissero nelle mani di hacker o altri malintenzionati, il timore di finire alla gogna online o diventare vittime di discriminazioni diventerebbe un incubo per i malcapitati.
E anche il rispetto della privacy dei clienti di escort e prostitute richiederà l’adozione di adeguate misure di sicurezza per cercare di garantire la riservatezza degli utenti, quantomeno per impedire al sistema di interscambio della fatturazione elettronica di tracciare ogni attività “hot” per cui solitamente chi si avvale di certe prestazioni desidera mantenere la massima riservatezza.
Senza pensare alle criticità riguardanti l’accesso al cassetto fiscale per la gestione di documenti amministrativi che evidenziano il ricorso a prestazioni sessuali a pagamento, con tutti i potenziali imbarazzi del caso con il commercialista o nella stessa cerchia familiare.
Insomma, se prossimamente ci potranno forse essere maggiori introiti per le casse dello Stato grazie ai professionisti del sesso, nel frattempo un bel pò di grattacapi attendono il Garante per la privacy.
di Nicola Bernardi, Presidente di Federprivacy (Economy Magazine)







