Il 32% dei dipendenti che usa l’AI in ufficio lo fa di nascosto al proprio datore di lavoro esponendo l’azienda a rischi sui dati
Uno studio condotto da Ivanti su oltre 6.000 impiegati e 1.200 professionisti IT, ha rivelato una tendenza preoccupante. Se l'utilizzo degli strumenti di intelligenza artificiale generativa è sempre più diffuso in ambito lavorativo, il 32% degli dipendenti che se ne avvale lo fa senza informare il proprio datore di lavoro.

Secondo la società di software statunitense che ha a valle della ricerca ha pubblicato il rapporto "2025 Technology at Work: Reshaping Flexible Work", questo fenomeno evidenzia una crescente tensione tra il desiderio di autonomia dei lavoratori e le preoccupazioni legate alla sicurezza e alla trasparenza in un contesto lavorativo in continua evoluzione.
L'uso dell’AI in ambito professionale è infatti in forte aumento: nel 2025, il 42% dei dipendenti ammette di utilizzarla, rispetto al 26% del 2024. Tuttavia, ciò avviene spesso in segreto, a causa di timori legati alla sicurezza del lavoro e da un fenomeno definito «imposter syndrome AI-fueled»: in altre parole, il 30% dei lavoratori che usano l’intelligenza artificiale teme che il loro posto possa essere a rischio se si scoprisse che il lavoro che producono non è farina del loro sacco, mentre il 27% non vuole che i colleghi d’ufficio mettano in dubbio le loro competenze attribuendo i risultati ottenuti unicamente all’intelligenza artificiale anziché a loro.
Ivanti afferma che questo clima di sfiducia è aggravato da dinamiche più ampie: il 48% dei dipendenti prova "resenteeism" (insoddisfazione sul lavoro ma incapacità di lasciarlo) e il 39% pratica "presenteeism" (presenza in ufficio solo per essere visti, senza reale produttività), tutti segnali di un malessere che l'AI potrebbe accentuare se non gestita correttamente.
Tutto ciò ha evidentemente delle implicazioni per le aziende. Da un lato, l'adozione dell’intelligenza artificiale può migliorare la produttività, ma dall'altro introduce rischi: per esempio la condivisione non autorizzata di dati sensibili con enti terzi (quelli che vengono conferiti ai sistemi di AI da parte dei dipendenti che la usano).
Altri studi, come quello di CybSafe, hanno infatti evidenziato che il 64% dei lavoratori statunitensi inserisce informazioni aziendali in strumenti AI senza considerare i rischi per la sicurezza.
In questo contesto l'AI diventa per molti un alleato segreto per gestire carichi di lavoro crescenti, ma d'altra parte senza una comunicazione aperta tra dipendenti e aziende, il rischio di data breach e vulnerabilità aumenta in modo esponenziale.






