NEWS

Niente privacy nelle sentenze di merito del Ministero della Giustizia: i dati personali degli interessati vanno pubblicati in chiaro

Le decisioni pubblicate nella banca dati delle sentenze di merito del Ministero della Giustizia (Banca Dati di Merito) devono contenere i dati personali degli interessati in chiaro, salvo specifiche eccezioni. A stabilirlo è il TAR Lazio con la sentenza n. 7625/2025, chiarendo che l’oscuramento generalizzato attuato dal Ministero non solo è privo di una valida base giuridica che richieda di proteggere la privacy delle parti, ma finisce per svuotare di significato la finalità stessa della banca dati.

Secondo i giudici amministrativi, i dati possono essere anonimizzati soltanto in casi particolari, come i procedimenti riguardanti rapporti familiari, lo stato delle persone o i minori, oppure su disposizione specifica del giudice o su richiesta di una delle parti. La scelta del Ministero di rimuovere sistematicamente ogni dato identificativo, comprese date e riferimenti giurisprudenziali, compromette infatti la comprensione del provvedimento, ostacolando l'accesso effettivo alla giurisprudenza e la possibilità di individuare gli orientamenti dei tribunali.

Il provvedimento impugnato risale al 1° dicembre 2023, data in cui il Ministero aveva dismesso l’Archivio giurisprudenziale nazionale sostituendolo, nell’ambito del PNRR, con due nuove banche dati: una riservata ai magistrati (Banca Dati di Merito), consultabile in chiaro, e un’altra accessibile al pubblico tramite SPID, CIE o CNS, ma pesantemente anonimizzata.

Proprio quest’ultima ha sollevato le maggiori criticità: per gli operatori del diritto diventa impossibile analizzare correttamente le pronunce, con il rischio concreto che gli avvocati, non cogliendo appieno il contesto della decisione, costruiscano argomentazioni giuridiche fuorvianti, con conseguenti danni per gli assistiti. A sostenere il ricorso, oltre ad alcuni professionisti del settore, è intervenuto anche l’Ordine degli avvocati di Milano.

Il TAR ha inoltre rilevato l’irrazionalità del mantenere due sistemi paralleli, per di più quasi identici, sottolineando che ciò contrasta con il principio di buon uso delle risorse pubbliche. L’amministrazione, ricordano i giudici, è tenuta a garantire l’accessibilità delle pronunce giurisdizionali attraverso soluzioni tecniche rispettose della normativa, ma non può sostituirsi ai giudici nel decidere se e cosa anonimizzare.

Particolarmente significativo è poi un passaggio della sentenza che mette in luce un'evidente disparità: grazie a un accordo tra il Ministero e l’AIE (Associazione Italiana Editori), alcuni soggetti privati sono autorizzati a estrarre e pubblicare integralmente tutte le sentenze, salvo i casi di legge. Un’asimmetria che rende ancora più inspiegabile la scelta di limitare l’accesso completo alle decisioni solo nella Banca Dati di Merito pubblica.

Il provvedimento impugnato è stato annullato. Ora spetta al Ministero adottare le misure necessarie per adeguarsi al principio di trasparenza previsto dalla legge, senza oltrepassare i limiti stabiliti dalla normativa sulla protezione dei dati personali. Resta da vedere se il Dicastero intenderà impugnare la decisione davanti al Consiglio di Stato.

Note sull'Autore

Federprivacy Federprivacy

Federprivacy è la principale associazione di riferimento in Italia dei professionisti della privacy e della protezione dei dati, iscritta presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MISE) ai sensi della Legge 4/2013. Email: urp@federprivacy.org 

Prev Reati Informatici: cambiano le regole sul filtraggio dei siti
Next Pubblicate le relazioni annuali del Comitato europeo per la protezione dei dati e del Garante Privacy dell’UE

Tavola rotonda su privacy e intelligenza artificiale nel mondo del lavoro

Mappa dell'Italia Puglia Molise Campania Abruzzo Marche Lazio Umbria Basilicata Toscana Emilia Romagna Calabria

Rimani aggiornato gratuitamente con la nostra newsletter settimanale
Ho letto l'Informativa Privacy