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Sito bloccato, servizi inaccessibili ed esposizione dei dati degli utenti. E' accaduto all'Inps nel giorno in cui era possibile inviare le richieste di bonus e congedi. Provando ad accedere a uno dei tre servizi previsti dal Cura Italia per tamponare l'emergenza Covid-19, il sito provava a caricare le pagine per diversi minuti prima di annunciare che il server non rispondeva. Via Twitter, l'Inps, sommersa dai messaggi di protesta, aveva scritto: "Ci scusiamo per quanto accaduto e stiamo lavorando a una pronta risoluzione". Nel frattempo, come previsto dall'art.33 del Gdpr, l'istituto ha provveduto ad eseguire la notifica del data breach, ma da notizie attendibili è emerso che il Dpo sarebbe andato in pensione il 30 marzo 2020 senza essere sostituto da nessuno. Intanto il Garante per la protezione dei dati personali ha prontamente avviato l'istruttoria.

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Spetta all'Inps decidere, caso per caso, se comunicare i nomi di chi ha ricevuto il bonus Covid, previsto per le partite Iva dal decreto legge «Cura Italia». Questa la risposta, allo stesso istituto previdenziale, da parte del Garante della privacy, sintetizzata in un comunicato del Garante del 17 agosto 2020.

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Il software “Savio” consentiva all’INPS di concentrare la propria attenzione sulle prognosi “sospette”. Adottato dall’Istituto dal 2012 sino al 25 marzo 2018, operava non solo all’insaputa dei lavoratori interessati, ma anche in assenza di precauzioni e garanzie specifiche. L’Autorità Garante riscontrava in tale utilizzo la violazione del vecchio Codice Privacy. L’INPS, nel mentre sospendeva l’utilizzo del software, impugnava l’ordinanza–ingiunzione presso il Tribunale di Roma.

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Il presidente di Federprivacy a Report Rai 3

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