Solo il 7% degli utenti vuole che i propri dati vengano usati dall’intelligenza artificiale, ma intanto Meta addestra i suoi algoritmi senza chiedere alcun consenso
Quasi nessuno vuole che i propri dati vengano utilizzati per addestrare l’intelligenza artificiale di Meta, che però invece di chiedere il consenso agli utenti, ha deciso unilateralmente di tirare dritto procedendo ad allenare gli algoritmi dei suoi sistemi di AI con i dati personali sostenendo di avere un “legittimo interesse” ai sensi dell’articolo 6, par. 1, lettera f), del GDPR.

Un fattore importante per determinare se tale "interesse legittimo" sussista realmente è quello di esaminare le ragionevoli aspettative degli utenti, e per ricavare un quadro obiettivo ed affidabile sui desideri delle persone, l’organizzazione internazionale non profit noyb (acronimo di "none of your business") ha incaricato il Gallup Institute di condurre uno studio tra 1.000 utenti Meta in Germania, e i risultati che ne sono scaturiti sono chiari:
il 27% degli utenti non ha neanche sentito parlare delle intenzioni di Meta e quindi non ha avuto aspettative ragionevoli. Ancora più importante, è il fatto che solo il 7% degli utenti intervistati desidera effettivamente che i propri dati personali vengano utilizzati per l’addestramento dell’intelligenza artificiale di Mark Zuckerberg.
L’Avv. Max Schrems, presidente di noyb ha così commentato i risultati dello studio:
“Probabilmente Meta è consapevole che quasi nessuno vuole fornire i dati del proprio account social, ma invece di chiedere il consenso agli utenti e ottenere un secco ‘NO’ come risposta, ha unilateralmente che il proprio diritto di generare profitti prevale sui diritti alla privacy di almeno 274 milioni di utenti europei.
Secondo noyb, Meta avrebbe fatto in modo che meno del 50% degli utenti visualizzasse gli avvisi sulla sua intenzione di usare i dati degli utenti per allenare l’intelligenza artificiale. E nonostante il fatto che quasi due terzi degli intervistati affermino di aver sentito parlare dell’annuncio fatto da Meta, questo non sarebbe grazie agli sforzi effettuati da Meta.
A tal proposito, basti ricordare che in Italia è stato il Garante della privacy ad allertare energicamente gli utenti per cercare di renderli consapevoli di ciò che li aspettava dalla fine di maggio, fornendo anche le relative indicazioni per tutelarsi.
In base allo studio commissionato da noyb, solo il 40% degli utenti di Instagram ricorda di aver visto la notifica in-app nascosta in un menu del proprio device. Allo stesso modo, solo il 39% degli utenti di Facebook ricorda di aver ricevuto la notifica via email che è stata inviata utilizzando un oggetto che mirava alle persone che ignoravano le mail.

Solo il 21% degli intervistati tra i 16 e i 30 anni ricordano di essere stati informati da Meta, mentre il 48% delle persone sopra i 60 anni sono risultati consapevoli e hanno dichiarato di ricordare di essere stati informati.
Le conclusioni che trae l’organizzazione non profit fondata da Max Schrems è che se il 73% di circa 274 milioni di utenti Meta ha sentito parlare del cambiamento, ma il 27% non ne era al corrente, ciò significa che 68,5 milioni di persone non si sono mai rese conto che Meta avrebbe iniziato a dare in pasto i loro dati personali ai propri sistemi di intelligenza artificiale.
Alla luce dei risultati del sondaggio, Meta starebbe quindi violando il Regolamento europeo sulla privacy nonostante gli utenti europei non vogliano che il colosso tecnologico di Zuckerberg alimenti la propria AI con i loro dati personali. Pertanto, noyb ha già inviato a Meta una lettera di diffida a cessare il trattamento di tali dati, e sta attualmente valutando una potenziale class action, ipotizzando che se il danno immateriale fosse di 500 euro per ciascuno utente, il risarcimento ammonterebbe complessivamente a circa 137 miliardi di euro per gli almeno 274 milioni di utenti Meta nell’Unione Europea.






