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Visualizza articoli per tag: controllo a distanza

Bocciato il “braccialetto” elettronico al polso degli operatori ecologici. Il Garante per la privacy ha chiesto ad una società che si occupa della raccolta dei rifiuti per conto della municipalizzata di un comune toscano di utilizzare dispositivi elettronici alternativi che non ledano la dignità della persona.  La pronuncia è arrivata a conclusione di un procedimento aperto d’ufficio sull’onda dell’interesse mediatico suscitato dalla vicenda.

Il Garante per la privacy ha dichiarato illecito e ha vietato l’ulteriore trattamento di dati effettuato da SkyItalia senza aver fornito agli operatori di customer care una completa informativa sul funzionamento di un sistema che gestisce le chiamate degli abbonati, e senza aver stipulato uno specifico accordo sindacale.

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La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con un approfondimento pubblicato il 27 luglio 2021, esamina gli effetti applicativi del nuovo Green pass, introdotto con il D.L. del 23 luglio 2021, n. 105 per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19. La previsione di una certificazione quale possibilità di accesso a determinati servizi, ottenibile anche attraverso la vaccinazione, è fattispecie che si distingue dall’imposizione dell’obbligo vaccinale: il Green pass, infatti, rappresenta una certificazione che garantisce l’accesso a determinati servizi individuati dalla legge, ed è legittimo proprio in virtù di tale circostanza, non rappresentando un obbligo generalizzato (o un divieto altrettanto esteso), bensì la più semplice sottoposizione alla verifica della sussistenza del requisito previsto dalla legge per l’accesso ai servizi di cui sopra.

La pubblicazione, qualche giorno fa, da parte dell’European Data Protection Board(l’“Edpb” o il “Comitato”, ossia l’organo che, dopo l’entrata in vigore del Regolamento n. 679/2016 (Gdpr), ha sostituito il vecchio Gruppo dei Garanti Europei, istituito dall’art. 29 della Direttiva 95/46, abrogata dal Gdpr), dell’“Opinion on the draft list of the competent supervisory authority of Italy regarding the processing operations subjects to the requirement of a data protection impact assessment”, costituisce un importante avvenimento per due motivi.

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Non è possibile attivare sistemi con funzioni di controllo a distanza dei lavoratori senza aver adottato tutte le tutele previste dallo Statuto dei lavoratori e dal Codice privacy. Questa la decisione del Garante per la protezione dei dati personali in merito al reclamo di un dipendente di una società di trasporto pubblico che lamentava il monitoraggio del personale tramite il sistema di gestione delle telefonate del call center dedicato al customer care.

Usare un algoritmo per profilare in modo automatizzato le assenze dei dipendenti viola la loro privacy, ed espone il datore di lavoro alle sanzioni del Gdpr. Lo ha stabilito il Commissario per la protezione dei dati personali di Cipro, imponendo sanzioni per 82.000 euro a tre società che operano nel settore delle crociere.

Il Garante privacy di Amburgo ha condannato H&M, la nota multinazionale dell’abbigliamento, per una grave violazione della privacy dei dipendenti verificatasi presso la sede di Norimberga, in Germania (il comunicato stampa in lingua inglese è disponibile nel sito dell’Autorità. Il provvedimento integrale non risulta, allo stato, disponibile, ma da quello che emerge dal comunicato stampa si comprende che il management del centro servizi di Norimberga, dal 2014 al 2019, ha monitorato diverse centinaia di dipendenti, violando – come dichiarato dalla multinazionale nel proprio sito internet – le istruzioni e le line guida aziendali.

Durante la conferenza annuale dedicata agli sviluppatori Microsoft Ignite, la big tech fondata da Bill Gates ha presentato in anteprima un nuovo ingegnoso tool chiamato Productivity Score (Punteggio di Produttività in italiano, ndr). Durante la presentazione virtuale, un senior product manager ha affermato che la funzione fornisce “informazioni che trasformano il modo in cui viene svolto il lavoro” mostrando ai datori di lavoro come i propri dipendenti utilizzano i servizi di Microsoft 365 come Outlook, Teams, SharePoint e OneDrive.

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Negli ultimi tempi il lockdown ha comportato un radicale e repentino ripensamento dell’organizzazione del lavoro per la necessità di tutelare la salute delle persone, e il ricorso massivo allo smart working sembra pure aver aperto nuove frontiere che potrebbero influire sulla nuova normalità delle imprese.

Stop ai controlli «a tappeto» da parte dell'azienda sul computer dei lavoratori. Le verifiche, infatti, possono essere consentite per motivi disciplinari solo se riguardano dati successivi all'insorgere del sospetto. È esclusa, invece, l'acquisizione di ogni tipologia di documento precedente e in violazione della normativa sulla privacy. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Cassazione nella sentenza 25732/21 del 22 settembre 2021 che ha accolto il ricorso di una lavoratrice.

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