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Privacy & BYOD: una questione complessa

Privacy & BYOD: una questione complessa

Le esigenze lavorative ed aziendali sono in continua evoluzione, l’effetto, dilagante, della digitalizzazione dell’impresa e la crescente tendenza alla consolidazione nella cultura lavorativa italiana dello smart working o di forme analoghe pongono, quotidianamente, l’impresa davanti ad una serie di scelte importanti. Tra queste rientra, certamente, l’acquisto di attrezzature informatiche utili ai lavoratori per svolgere la propria attività. Ma questa non è l’unica scelta strategica, infatti, l’azienda potrebbe adottare, quale politica aziendale, l’implementazione di sistemi di c.d. “Bring Your Own Device” (noto anche come BYOD).

Internet of Things, ancora irrisolti i nodi della tutela della privacy

Internet of Things, ancora irrisolti i nodi della tutela della privacy

Con il termine Internet of Things (IoT) si fa riferimento ad infrastrutture nelle quali innumerevoli sensori sono progettati per registrare, processare, immagazzinare dati localmente o interagendo tra loro sia nel medio raggio, mediante l'utilizzo di tecnologie a radio frequenza (ad es. RFID, bluetooth etc.), sia tramite una rete di comunicazione elettronica. I dispositivi interessati non sono soltanto i tradizionali computer o smartphone, ma anche quelli integrati in oggetti di uso quotidiano ("things"), come dispositivi indossabili (cd. wearable), di automazione domestica (cd. domotica) e di georeferenziazione e navigazione assistita.

Un hackaton per rendere le privacy policy qualcosa che tutti possano leggere (e capire)

Un hackaton per rendere le privacy policy qualcosa che tutti possano leggere (e capire)

Mezz’ora non basta per leggere l’informativa sulla privacy di Facebook o quella di Google. Sono settemila parole – una più, una meno – per ciascuna. Un fiume di inchiostro digitale che dovrebbe rispondere alla funzione essenziale di dirci chi farà cosa con i nostri dati personali e, quindi, porci nella condizione di prestare in maniera consapevole il nostro consenso a questo o quel trattamento, che si tratti di marketing, di profilazione commerciale o di condividere questa o quella informazione necessaria a rendere i servizi forniti sempre più rispondenti alle nostre esigenze e desideri.

Dati personali e 'Brexit' prima e dopo il periodo transitorio

Dati personali e 'Brexit' prima e dopo il periodo transitorio

Dal 1 gennaio 2021, come sappiamo, al termine del periodo di transizione il Regno Unito sarà da trattare a tutti gli effetti quale Paese terzo (in realtà, sul piano giuridico, lo è già dal 1 febbraio 2020), in particolare – per quel che qui rileva – con riferimento alla applicazione della normativa sulla protezione dei dati personali. Ciò significa che la comunicazione/trasmissione di dati a soggetti ivi stabiliti da parte di titolari/responsabili nell'Unione Europea si trasformerà in una operazione od un complesso di operazioni denominate come 'trasferimento', così come configurato e disciplinato dal Capo V del Regolamento UE 2016/679.

Lo sviluppo della robotica e le implicazioni in tema di sicurezza dei dati personali

Lo sviluppo della robotica e le implicazioni in tema di sicurezza dei dati personali

L'umanità, ormai, si trova sulla soglia di un'era nella quale robot, bot, androidi e altre manifestazioni dell'intelligenza artificiale (AI) sembrano sul punto di lanciare una nuova rivoluzione industriale, suscettibile di toccare tutti gli strati sociali, rendendo imprescindibile che la legislazione ne consideri tutte le implicazioni. La robotica, in particolare, è un settore disciplinare che ha per oggetto lo studio e la realizzazione di robot, e le loro applicazioni pratiche nelle attività di produzione industriale e di ricerca scientifica e tecnologica.

Twitter, verdetto in arrivo dai Garanti Privacy dell’UE: ora i giganti del web tremano

Twitter, verdetto in arrivo dai Garanti Privacy dell’UE: ora i giganti del web tremano

Tutti i nodi stanno venendo al pettine per Twitter, e probabilmente anche per le altre big tech non troppo rispettose della privacy che avevano individuato l’Irlanda come una specie di zona franca per mitigare in qualche modo i rischi delle sanzioni milionarie previste dal Gdpr. Con l’introduzione del nuovo Regolamento UE sulla protezione dei dati personali, due anni e mezzo fa Twitter e la maggior parte dei giganti del web avevano infatti approfittato della regola del "one stop shop", che consentiva loro di stabilire la propria sede europea in Irlanda per avere a che fare con una sola “autorità capofila” per la privacy, che in molti casi sarebbe coincisa con quella di una nazione già per loro vantaggiosa anche dal punto di vista fiscale.

Il Presidente di Federprivacy a Settegiorni su Rai Uno

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