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Trasparenza degli algoritmi tra Gdpr e Proposta di Direttiva UE sul miglioramento delle condizioni nel lavoro mediante piattaforme digitali

Il provvedimento del Garante Privacy nei confronti di Foodinho s.r.l. del 10 giugno 2021 (docweb 9675440) ha messo in luce ancora una volta la necessità di assicurare che gli algoritmi utilizzati dalle aziende per la gestione delle attività lavorative siano configurati in modo da garantire la “trasparenza” dei processi decisionali ed evitare discriminazioni tra i lavoratori.

Matteo Maria Perlini, Delegato Federprivacy nella provincia dei Frosinon

(Nella foto: l'Avv. Matteo Maria Perlini, Delegato Federprivacy nella provincia dei Frosinone e coautore del libro "Privacy e gestione del personale")

In generale, il principio di trasparenza è uno dei cardini del GDPR, che dedica allo stesso la Sezione I del Capo III (“Trasparenza e modalità”) e che, in caso di processi decisionali automatizzati, garantisce all’interessato (al lavoratore, nel nostro caso) il diritto ad ottenere “informazioni significative sulla logica utilizzata, nonché l’importanza e le conseguenze previste di tale trattamento per l’interessato” (artt. 13.2 lett. f) e 15.1 lett. h)), oltre al correlato “diritto di ottenere l’intervento umano da parte del titolare del trattamento, di esprimere la propria opinione e di contestare la decisione” (art. 28.3).

Merita, poi, particolare menzione la Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali del 9 dicembre 2021 che, seppur diretta a tutelare specificamente la categoria dei lavoratori (anche autonomi) che utilizzano tali piattaforme, potrebbe avere riflessi ed essere replicata anche in altri ambiti lavorativi più tradizionali dove è ormai consolidato l’utilizzo di strumenti algoritmici e dove sono aumentate le asimmetrie informative nei confronti dei lavoratori.

Nella Relazione si precisa che “il diritto alla trasparenza per quanto riguarda l'uso e il funzionamento dei sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati … specifica e integra i diritti esistenti in relazione alla protezione dei dati personali”; vengono poi richiamati i diritti previsti dal GDPR di cui, dopo averne sottolineato, la pertinenza per le persone che lavorano mediante piattaforme digitali soggette a gestione algoritmica, vengono evidenziate le limitazioni e le difficoltà che tali lavoratori devono affrontare quando intendono far valere i loro diritti in materia di protezione dei dati nel contesto della gestione algoritmica, nonché la mancanza di previsioni che contemplino gli aspetti collettivi intrinseci al diritto del lavoro (ruolo dei rappresentanti sindacali, informazione e consultazione dei lavoratori, ruolo degli ispettorati del lavoro nel far rispettare i diritti dei lavoratori).

Quindi, l’art. 6 (“Trasparenza e uso dei sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati”) prevede che “gli Stati membri impongono alle piattaforme di lavoro digitali di informare i lavoratori delle piattaforme digitali” in merito sia ai sistemi di monitoraggio automatizzati sia ai sistemi decisionali automatizzati.

In particolare, relativamente ai sistemi decisionali automatizzati, le informazioni devono riguardare i principali parametri utilizzati dai sistemi decisionali automatizzati, nonché i motivi sottesi alle decisioni da essi assunte.

Con un linguaggio che per alcuni aspetti riprende le parole del GDPR, l’art. 6 richiede, inoltre, che le informazioni siano fornite anche “in formato elettronico” e “al più tardi il primo giorno lavorativo come pure in caso di modifiche sostanziali e in qualsiasi momento su richiesta dei lavoratori delle piattaforme digitali. Le informazioni sono presentate in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, utilizzando un linguaggio semplice e chiaro”.

La trasparenza degli algorirtmi deve essere assicurata per rispettare il GDPR

Sempre in linea di continuità con i principi del GDPR, la norma stabilisce inoltre che le piattaforme di lavoro digitali non devono trattare dati personali relativi ai lavoratori delle piattaforme digitali che non siano intrinsecamente connessi e strettamente necessari all'esecuzione del contratto, compresi i dati sulle conversazioni private, sullo stato di salute, psicologico o emotivo del lavoratore delle piattaforme digitali e qualsiasi dato relativo ai periodi in cui il lavoratore della piattaforma digitale non sta svolgendo un lavoro mediante piattaforme digitali o non si sta offrendo per svolgerlo.

I successivi articoli 7 e 8 della Proposta di Direttiva prevedono poi la necessità del monitoraggio umano dei sistemi automatizzati ed il diritto del lavoratore ad ottenere dalla piattaforma il riesame umano di decisioni che incidano significativamente sulle loro condizioni di lavoro, nonché una motivazione scritta di tali decisioni.

Si tratta di un ulteriore passo importante che l’UE effettua al fine di rafforzare la trasparenza (algoritmica) in contesti lavorativi dove ormai le piattaforme digitali affiancano il datore di lavoro nell’esercizio dei suoi poteri e garantire una tutela effettiva dei lavoratori la cui prestazione viene gestita da strumenti algoritmici.

Si aprono, dunque, nuovi scenari sul trattamento dei dati personali effettuato con modalità automatizzate e diventa sempre più imprescindibile che enti ed aziende impostino un effettivo adeguamento privacy che prediliga un’informazione trasparente e la documentazione di ogni scelta, evitando, come emerge dal caso Foodinho, soluzioni approssimative e generiche di scarsa trasparenza e con effetti discriminatori nei confronti dei lavoratori.

Note Autore

Matteo Maria Perlini Matteo Maria Perlini

Avvocato Cassazionista presso Studio Legale Perlini, Data Protection Officer, Delegato Federprivacy per la provincia di Frosinone, membro del Gruppo di Lavoro per la tutela della privacy nella gestione del personale - Web: www.studiolegaleperlini.it

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Privacy e Lavoro nell'era degli algoritmi

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