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Trattamenti di polizia e illecita diffusione di dati personali

Un recente caso affrontato dall’Autorità Garante ci consente di tornare sui trattamenti c.d. di polizia disciplinati dal D.Lgs 51/2018 che ha recepito la Direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio.

Trattamenti di polizia e illecita diffusione di dati personali

Il caso ha portato l’Autorità Garante ad adottare un provvedimento sanzionatorio nei confronti del Ministero dell’interno per l’illecito trattamento di dati personali da parte di una questura, a seguito della divulgazione nelle pagine Facebook e Twitter di due video – contraddistinti dal logo della Polizia di Stato – originariamente realizzati dai trasgressori sulle atroci sevizie subite da un uomo, in occasione della comunicazione alla stampa delle avvenute operazioni di arresto di 8 giovani.

In entrambi i video, osserva il Garante, non sono visualizzabili i volti degli aggressori né della vittima, ma si può capire cosa sta accadendo e si possono ascoltare le loro voci, in uno dei due scanditamente, in particolare quella disperata della vittima che chiede soccorso, la cui identificabilità è fuori discussione nel contesto degli elementi disponibili in relazione alle diverse fonti che hanno informato sulla vicenda.

Uno di questi filmati è stato pubblicato, in particolare, sull’account ufficiale di Twitter della Polizia di Stato e sulla pagina Facebook della Questura. L’altro video, relativo alla medesima vicenda, è stato pubblicato sulla pagina Facebook della Polizia di Stato. Tali filmati sono stati successivamente divulgati da diverse testate on-line a carattere nazionale.

Dall’istruttoria è emerso che la diffusione dei video era stata effettuata per la prevenzione dei reati, non rilevando la circostanza che la Procura della Repubblica competente avesse autorizzato verbalmente il Ministero alla divulgazione agli organi di stampa dei menzionati video.

Tale autorizzazione, osserva il Garante, ha consentito soltanto di escludere che la divulgazione di tali immagini fosse di per sé in violazione di legge o in grado di incidere negativamente sui procedimenti penali in corso (cfr. artt. 114 e 329 c.p.p.).

Seppur la finalità sottesa al trattamento in esame, ovvero quella della prevenzione dei reati, doveva ritenersi legittima, la divulgazione in questione è risultata illecita, in violazione degli artt. 3, comma 1, lett. a) e c ) e 5, d.lgs. n. 51/2018 nonché 14, d.P.R. n. 15/2018, non solo perché non necessaria per la finalità di prevenzione dei reati, ma anche perché in pregiudizio della dignità dell’interessato, la cui tutela deve essere garantita anche dopo il decesso.

Si noti come la contestazione concerne la violazione dei principi base (liceità, correttezza e pertinenza) previsti dall’articolo 3 del D.Lgs 51/2018, che già consociamo nell’articolo 5 del Regolamento (UE) 2016/679.

In conseguenza, il Garante ha ingiunto al Ministero dell’interno, in qualità di titolare del trattamento, di pagare la somma di euro 75.000 a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria (provv. 10 giugno 2021, n. 289, doc. web n. 9701975).

Note Autore

Marco Soffientini Marco Soffientini

Avvocato esperto di protezione dei dati personali, Data Protection Officer di Federprivacy. Autore Ipsoa, docente Unitelma Sapienza, Privacy Officer certificato TÜV Italia, Fellow Istituto Italiano Privacy.  - Twitter: @msoffientini1

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