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Venerdì, 07 Gennaio 2022 08:19

Social spam: è legittimo alla luce del Gdpr?

II c.d. "social spam" consiste in un insieme di attività mediante le quali lo spammer veicola messaggi e link attraverso le reti sociali online. Ciò si inquadra nel problema dell'indiscriminato e spesso inconsapevole impiego dei propri dati personali da parte degli utenti nell'ambito dei social network, tanto più rispetto a profili di tipo "aperto". L’argomento è stato affrontato a suo tempo da alcuni provvedimenti del Garante come le Linee guida in materia di attività promozionale e contrasto allo spam del 4 luglio 2013 oppure al provvedimento sul Consenso al trattamento dei dati personali per finalità di "marketing diretto" attraverso strumenti tradizionali e automatizzati di contatto del 15 maggio 2013, ma sarà sicuramente oggetto del Regolamento e-privacy il cui schema approvato dal Consiglio UE adesso è in discussione presso il Parlamento europeo.

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Una questione che spesso ricorre nelle imprese che operano - in specie - nel B2C è il tema della individuazione del perimetro e del significato di “analogo” nel contesto del Soft-Spam nelle attività di marketing.

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Dopo 40 anni lo spam è ancora l'arma più usata dagli hacker. Lo evidenzia una nuova ricerca di F-Secure e Mwr Infosecurity che mette in luce come ai cybercriminali "basta aggiungere pochi nuovi trucchi a questo classico metodo di attacco". "Lo spam via e-mail è ancora una volta la scelta più comune per l'invio di virus malevoli.

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Non è lecito l'invio di comunicazioni commerciali ai possessori di tessere fedeltà che non abbiano espresso uno specifico e libero consenso all'uso dei propri dati a fini di marketing. E' quanto ribadito dal Garante Privacy in un provvedimento con cui ha imposto a un'importante catena di negozi una serie di misure per garantire il rispetto delle misure poste a tutela della privacy dei consumatori.

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Le compagnie telefoniche non possono usare i dati personali dei lori clienti per inviare Sms, nei quali chiedono il consenso all’attività di marketing. La disponibilità a ricevere comunicazioni commerciali deve essere data, infatti, al momento del contratto, se questo non avviene si intende negata. E i gestori non possono cercare di recuperare l’adesione in un secondo momento, mandando messaggi che ledono, oltre alle norme sul trattamento dei dati personali, anche l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che tutela il diritto alla vita privata e familiare. La Cassazione, con la sentenza 9920, ha così accolto il ricorso del Garante della privacy, contro la decisione del Tribunale di “sdoganare” gli sms inviati da Wind tre.

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Il presidente di Federprivacy alla trasmissione Ore 12 su CR1 TV

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