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Perché i controlli difensivi sopravvivono alla riforma dell'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori

Non sono mancate in dottrina (e sussistono, tuttora) opinioni formatesi nel senso di sostenere come, con l'innesto della tutela del patrimonio aziendale tra le finalità tipiche ex art. 4, comma 1, Legge 300/1970 (c.d. Statuto dei Lavoratori), entro le quali, a condizione di un accordo sindacale o della autorizzazione amministrativa, è concesso al datore di lavoro di installare impianti dai quali possa derivare il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, la categoria dei controlli difensivi, di fonte giurisprudenziale, non ha/avrebbe più ragione di esistere (tra gli altri: E. Gramano, La rinnovata (ed ingiustificata) vitalità della giurisprudenza in materia di controlli difensivi, in Diritto delle Relazioni Industriali, fasc. 1, 2018, nota a Tribunale Roma, 24 marzo 2017; M. Ricci, I controlli a distanza dei lavoratori tra istanze di revisione e flessibilità “nel” lavoro, in Argomenti di Diritto del Lavoro, 2016, n. 4-5; V. Nuzzo, Sulla sopravvivenza dei controlli c.d. Difensivi dopo la riscrittura dell'art. 4 St. Lav., in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, fasc.1, 2022, nota a Cass., civ., sez. lav., sent. n. 25732 del 22 settembre 2021).

i controlli difensivi sopravvivono alla riforma dell'art. 4

E, all'opposto, i controlli difensivi (a distanza) sono o sarebbero da considerare effettivamente 'abrogati' (usiamo il verbo nella consapevolezza del suo carattere tecnicamente improprio) o, meglio, assorbiti nella disciplina dell'art. 4, non residuando più ragione alcuna di una loro sopravvivenza come categoria costruita a latere di tale disposizione e da essa in qualche modo autonoma.

Se i controlli difensivi debbono – come risulta da tali opinioni - rientrare nell'alveo dell'art. 4, ne consegue che sia necessario per il datore di lavoro (e titolare del trattamento), onde attuarli:

1. ottenere preventivamente l'accordo sindacale o farsi autorizzare dal competente ITL;
2. informare (altrettanto preventivamente o almeno contestualmente al loro inizio) l'interessato o gli interessati sia ai sensi dell'art. 13, sia per ciò che concerne le modalità del controllo;
3. conformare le attività correlative a tutte le prescrizioni della normativa sulla protezione dei dati.

È verosimile che il datore di lavoro e proprietario possa in tal modo effettivamente proteggere l'azienda/organizzazione e/o i beni della stessa da condotte illecite recentissime e/o in atto?

Secondo chi scrive, assai probabilmente o certo che no.

Eppure questo non è un argomento sufficiente a contrastare le tesi 'abrogazioniste' e/o dell'assorbimento dei controlli difensivi nella disciplina di diritto positivo: non lo è perché questa opinione negativa risponde alla domanda “funziona?”, essa costituendo cioè un classico argomento a posteriori, che non corre sul filo del diritto, bensì di una valutazione della pur straordinaria inopportunità/inefficacia sul piano fattuale di siffatta impostazione.

E' allora doveroso ripartire proprio dalla disamina delle differenze che ragionevolmente insistono tra i controlli ex art. 4 e quelli difensivi (che la Suprema Corte, in particolare nella sent. 25732/2021, ha efficacemente condensato nella formale dicotomia tra “controlli in senso lato” - i primi - e “controlli in senso stretto” - i secondi).

La distinzione (ponendo in ipotesi trattarsi di controlli mediante apparecchi di videosorveglianza) è qui ripresa mettendo in fila gli elementi che la fondano/costituiscono, mediante la seguente tabella:

L'ultima riga è volutamente lasciata in bianco, a significare che possono sussistere ulteriori elementi di questa distinzione; potrà aggiungerli, idealmente, il lettore.

Quello che però è chiaro, a questo punto, possiamo riassumerlo in pochi punti:

1) la diversità tra le due tipologie di controlli si nutre di molteplici elementi ed assume rilevanza, per così dire, ontologica;
2) la categoria dei controlli difensivi, come emergente dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, risponde alla necessità di tutelare alcuni beni della vita in circostanze affatto particolari. Senza di essa, quei beni in quelle circostanze rischierebbero irragionevolmente di rimanere sprovvisti di tutela;
3) la giurisprudenza ha creato, disegnato e confermato, anche successivamente alla riforma dell'art. 4 operata dal d. lgs. 151/2015, la categoria dei controlli difensivi e, se l'origine e lo sviluppo giurisprudenziali possono comportare delle oscillazioni, l'incertezza che può per certi aspetti derivarne a livello operativo non appare/è motivo sufficiente per 'arrestare' la categoria tutta e chiuderla nelle maglie dell'art. 4.

di Paolo Marini (Fonte: Altalex)

(Nel video: lo speech di Paolo Marini al Privacy Day Forum 2023. Sotto le slides dell'intervento)

Note Autore

Paolo Marini Paolo Marini

Avvocato in Firenze, consulente di imprese e autore di libri, commenti, note a sentenze e altri contributi, impegnato nei settori del diritto e della procedura civile, della normativa in materia di protezione dei dati personali e sulla responsabilità amministrativa degli enti e delle persone giuridiche.

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