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Singapore, i dati dell’app di contact tracing a disposizione della polizia. Due lezioni importanti

I dati raccolti da TraceTogether, l’app di contact tracing utilizzata dal Governo di Singapore per combattere il Covid-19 sono accessibili alla polizia per le sue indagini. Guai a considerare la notizia che rimbalza da Singapore come una vicenda che viene da lontano e che non ci interessa perché, nella realtà, ci riguarda tutti ed è carica di lezioni che non possiamo e non dobbiamo farci scivolare addosso. Ci provo in una manciata di righe anche se ne servirebbero tante di più.

Guido Scorza

(Nella foto: Guido Scorza, componente del Garante per la Privacy)


La prima lezione. Quello che sta accadendo – per la verità senza grandi sorprese – a Singapore è una rappresentazione plastica dei rischi dai quali i principi fondamentali attorno ai quali è costruita la disciplina europea sulla privacy - a cominciare da quelli di necessità, proporzionalità e minimizzazione dei trattamenti di dati personali - intendono porre al riparo l’umanità.

Non c’è niente da fare: se un dato personale è raccolto e conservato, non ha importanza per quale nobilissima finalità, inesorabilmente resta poi esposto al rischio di usi diversi talvolta egualmente nobili, talaltra meno nobili.

Ed è per questo che quando si progetta un trattamento di dati personali, pubblico o privato, non ci si può limitare a guardare ai rischi direttamente connessi a quel trattamento ma si deve pensare anche a quelli indiretti, non voluti e magari non desiderati.

Questo vale per le app di contact tracing di Stato ma vale allo stesso modo per i produttori di centinaia di migliaia di oggetti connessi presenti sui nostri mercati che, troppo spesso, consentono la raccolta indiscriminata di quantità industriali di dati personali senza che sia effettivamente necessaria al buon funzionamento del prodotto e senza che l’utilizzatore del prodotto in questione si renda conto dei rischi.

Penso, senza tanti giri di parole, alle dashcam installate ormai su migliaia di automobili, alle soluzioni di videosorveglianza domestica, ai cloud nei quali si concentrano i dati raccolti dai nostri assistenti vocali diversamente intelligenti, a quelli dei nostri orologi smart e, domani, ma già oggi, a quelli raccolti dai nostri televisori, aspirapolveri, frigoriferi e automobili intelligenti.

Trace Togheter è l'app utilizzata a Singaopore come passaporto per le vaccinazioni da Covid-19

La seconda lezione. È importante, anzi fondamentale, che ogni trattamento di dati personali progettato e attuato per combattere la pandemia e in questo contesto emergenziale, abbia una fine chiara, invalicabile e definitiva coincidente con la fine dell’emergenza perché le valutazioni in termini di bilanciamento tra tutela della privacy e diritto alla salute fatte oggi non è detto possano considerarsi valide anche domani e, anzi, è probabile che non lo siano.

In tempo di guerra, anche e soprattutto contro un nemico invisibile come un virus, l’Ordinamento e i cittadini consentono a compressioni di diritti e libertà inaccettabili in tempo di pace.

E questo, peraltro, non può diventare alibi per una compressione indiscriminata e incontrollata dei diritti dei cittadini.

È importante limitare al minimo indispensabile l’abbassamento della soglia di tutela della privacy necessario alla lotta al Covid-19 per scongiurare il rischio che sia poi troppo difficile rialzare l’asticella della tutela non appena usciti dall’emergenza.

Ecco, tra tante altre, un paio di ragioni, perché la storia di Singapore ci riguarda tutti e dobbiamo farne tesoro.

Note Autore

Guido Scorza Guido Scorza

Componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Twitter: @guidoscorza

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